eurofobo
s. m. e agg. Chi, che manifesta timore o contrarietà nei confronti delle scelte politiche ed economiche dell’Unione Europea e, più in generale, nei confronti del processo di unificazione degli Stati nazionali europei. ◆ [tit.] Fino ad ora in Gran Bretagna il vessillo europeo aveva lo status di un simbolo pubblicitario e per esporlo servivano permessi speciali - Londra promuove la bandiera dell’Unione. Eurofobi in rivolta. (Corriere della sera, 29 dicembre 2005, p. 15) • Le doglie sono durate un tempo infinito, ma alla fine il bambino è venuto alla luce: dopo la firma dell’eurofobo presidente ceco Klaus – che ha espresso la sua contrarietà fino all’ultimo momento ma, dopo la luce verde della Corte costituzionale, non aveva più armi per resistere – il Trattato di Lisbona è pronto per entrare in vigore forse già il 1° dicembre. (Lino Caputo, Giornale.it, 4 novembre 2009, Esteri) • La caricatura dei poteri forti contrapposti al popolo non più bue diventa un panopticon, grazie alla velocità e alla potenza di Internet. Così capita che il leader di un partitino eurofobo come il britannico Ukip, Nigel Farage, diventa una star 2.0 grazie a un intervento all’europarlamento, visto e rivisto decine di migliaia di volte. (Paolo Campo, Europaquotidiano.it, 3 dicembre 2011).
Composto dal confisso euro-2 aggiunto al confisso fobo-.
Già attestato come s. nella Stampa del 6 dicembre 1989, p. 5, Estero (Mario Ciriello); come agg. nella Repubblica del 23 febbraio 1995, p. 14, Politica Estera (Paolo Garimberti). Nell’accezione più generica di ‘che manifesta timore o contrarietà all’Europa vista come entità geopolitica in contrapposizione ad altri continenti’, l’agg. è già attestato nella Stampa del 28 febbraio 1978, p. 18, Estero (Frane Barbieri).