ex-
〈èks〉 pref. – È la prep. lat. ex (v. ex), molto usata in latino come prefisso per la formazione di verbi e loro derivati, sia nella forma intera ex-, davanti a vocale e alle cons. c, p, q, s, t (come in exaudio, exonero, exundo; excavo, excedo, expello, exquiro, exspecto, extraho), sia nella forma ridotta e-, davanti alle altre consonanti (ebibo, edo, egredior, elaboro, emitto, enervo, eradico, evado), e con assimilazione davanti a f, dove si trova anche, talora, la forma ec- (effero o ecfero, efficio; cfr. inoltre ecbibo accanto a exbibo per il più com. ebibo); in pochi casi serve per la formazione di aggettivi (ecaudis «senza coda», edurus «assai duro», egelidus «sgelato», exlex «eslege», exsanguis «esangue»). Sotto l’aspetto semantico, conserva in una parte dei composti il sign. fondamentale della prep. ex, cioè «da, fuori, via» (emitto «mandar fuori, emettere», expello «cacciar via, espellere»), o «in su, verso l’alto» (erigo «innalzare, erigere», extollo «levare in alto, sollevare»); in altri casi indica negazione, privazione (effreno «sfrenare», exonero «liberare da un onere, esonerare», emendo «privare di un difetto»), o mutamento di natura (effemino «effeminare»); in altri ancora esprime il concetto della pienezza, del compimento, conferendo quindi al verbo valore estensivo o intensivo (ebibo «bere fino all’ultima goccia», elaboro «lavorare con cura, elaborare», evinco «vincere pienamente», e inoltre exacerbo, exaspero, exopto, enarro, ecc.). In italiano, in cui il prefisso è assai scarsamente produttivo per la formazione di termini nuovi (compare in pochissimi composti dotti, anche sostantivi, come exema, exencefalia), esso è presente nelle parole derivate o adottate dal latino, senza modificazione fonetica nei composti con e- o ef- (quindi elaborare, emettere, effluire ed efflusso, ecc.), con evoluzione in es- o s- nei composti in cui l’elemento iniziale è in latino ex- (come in esclamare, estrarre, eslege, e spandere, stendere, ecc.); cfr. anche e-, es- e s-.