ex
〈èks〉 prep. lat. (propr. «da, fuori di»). – 1. a. Oltre che in locuzioni lat., usate spesso anche in contesti italiani (come ex abrupto, ex cathedra, ex novo, ex professo, ecc.), si adopera come prefisso per indicare la condizione di chi ha ricoperto una carica o un ufficio che ora non ricopre più; per es., ex ministro, ex console, ex prefetto, ecc. L’uso della particella con questo sign. risale al lat. tardo ex consule (abl.), poi exconsul, ed è modellato su analoghe forme francesi divulgatesi durante la Rivoluzione, soprattutto con riferimento ad alte cariche pubbliche. Anche, più genericamente, in casi come: la sua ex fidanzata, un ex prete, un ex funzionario, un ex professore, e simili (nei quali casi, come in genere quando il prefisso è seguito da parola italiana, può unirsi a questa con un trattino: ex-ministro, un ex-calciatore, la sua ex-moglie, ecc.); talora, nell’uso fam. scherz., si ha il solo ex, sostantivato al masch. o al femm.: il suo ex, la sua ex (sottinteso fidanzato, fidanzata, amante). b. Con altro valore nel linguaggio burocr. e comm.: lana ex materasso, fili ex maglia, per indicare la provenienza dei materiali usati. c. Con valore privativo, nella compravendita dei titoli in borsa, ex cedola (v. la voce). 2. Nella pratica mercantile, sono usate le seguenti locuz.: ex ship («sbarcato dalla nave»), ex lighter («sbarcato dall’alleggio»), ex dock o ex wharf («levato dalla banchina»), ex warehouse («uscito dal deposito»), e altre ancora, le quali, oltre a precisare il punto in cui deve aver luogo la consegna della merce negoziata, significano in genere che le spese di conservazione e altre analoghe sono a carico del compratore dal momento in cui la merce è messa a sua disposizione sotto paranco o sulla banchina o nel deposito, ecc. 3. Nel linguaggio burocratico e giuridico, si adopera per indicare da dove proviene una norma o un argomento giuridico: un divieto imposto ex articolo 10 della legge 99.