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Le facce dell’uomo - Tra i termini che indicano la parte anteriore della testa dell’uomo, f. è quello più com. e fam. (e infatti è usato in numerose espressioni, locuz. e modi di dire, cit. sotto il lemma relativo), viso è di tono leggermente più sostenuto, volto è più lett.: lo minacciò scherzosamente col dito e sul suo volto passò un’ombra di serietà (I. Svevo).
Sensi spregiativi e derivati - In tono spreg. o iron. sono disponibili altri termini: ceffo, grugno e muso. Ceffo è il termine più offensivo dei tre, e si usa per indicare una persona dall’aspetto sinistro, sgradevole o poco raccomandabile: egli era davvero un brutto ceffo, torvo, ringhioso, e selvatico (G. Verga). Grugno è propriam. il muso del maiale, e viene usato in senso fig. per indicare sia un brutto aspetto (l’irto grugno raschioso, raso di fresco, gli dava l’aspetto di uno scimmione [L. Pirandello]), sia qualcuno che si prenderebbe volentieri a pugni (bada, Dora, son tomo da rompergli il grugno io, a quel tuo spasimante! [L. Pirandello]), sia un’espressione imbronciata o stizzita (dopo sei giorni di matrimonio, cominciate di già a farmi il grugno? [C. Goldoni]; la Doretta rimase col suo grugno senza poterla spuntare [I. Nievo]). Da quest’ultimo sign. di grugno derivano i verbi ingrugnare (o ingrugnarsi) e ingrugnire (o ingrugnirsi) «immusonirsi, tenere il broncio», e i relativi agg. ingrugnato e ingrugnito: che hai ora che t’ingrugni tanto? (I. Nievo); Franco stava in una poltrona, muto, ingrugnato quale chi sta in casa altrui e sente un puzzo che non può convenientemente fuggire né maledire (A. Fogazzaro); non ha forse nome d’umorista Mark Twain, i cui racconti sono, secondo la sua stessa definizione, «una collezione di eccellenti cose, prodigiosamente divertenti, che strappano il riso anche dai volti più ingrugniti?» (L. Pirandello).
Muso è infine il termine che designa la parte anteriore della testa di qualunque animale, e può essere esteso metaforicamente all’uomo sia in senso spreg. (l’ho veduto io rompere il muso ad uno sbirro [I. Nievo]), sia in senso vezzeggiativo (soprattutto con gli alterati musetto e musino: allorché il musino di lei, vero sorbetto di fragole e crema, apparve, ognuno sorrise, ognuno si offerse a dondolare la culla [C. Dossi]), sia a indicare il broncio ƒfare il muso o tenere il muso a qualcuno), in modo meno marcato di grugno: fece tanto di muso, e andò a sedere in disparte (G. Verga).
Ciò che appare - Con f., viso e volto si può anche voler intendere l’aspetto esteriore, i tratti facciali in generali (la sua f. mi dice qualcosa, forse ci siamo già incontrati?). In questo caso si può parlare di aspetto (ha un aspetto familiare), fattezze o fisionomia (tutti e tre termini più generali, che possono rimandare a caratteristiche non soltanto facciali: la persona alta, roca la voce, le fattezze ora composte a bellezza, ora turbate, e quasi rimpastate in forma tutt’altra [N. Tommaseo]; era di statura mediocre, dai quaranta ai quarantacinque anni, alquanto pingue, e di fisionomia propriamente borbonica [S. Pellico]), oppure, più specificamente per le caratteristiche del volto, di lineamenti (i miei occhi mi paiono neri e grandi, la mia fronte, la mia bocca, tutti i miei l. sono regolari, e il mio corpo non è poi uno scheletro [C. Boito]). Aspetto, più genericamente e meno direttamente di f., rimanda anche al modo di atteggiarsi, di apparire: oggi non hai un bell’aspetto, forse ti senti poco bene? In questo stesso sign., sono usati anche apparenza, aria o espressione: ha un’aria sciupata.
Atteggiamento è raramente limitato all’aspetto esteriore, indicando per lo più un complessivo modo di essere interiore che traspare anche all’esterno: ella gli teneva fissi addosso i begli occhi supplichevoli, con un grande sconforto, un grande abbandono doloroso in tutta la persona, nel viso pallido e disfatto, nell’atteggiamento umile, nelle braccia inerti che si aprivano desolate (G. Verga). Più specifico per le condizioni di salute è cera: avere una bella o una brutta c. indica il colorito e l’espressione facciale di chi si sente bene o male: sei indisposto? Hai una cera curiosa (I. Svevo).
Le facce delle cose - In riferimento alle cose, astratte o concrete, f. è il sinon. più generico e più fam. rispetto a designazioni più appropriate. Il sinon. più ricorrente è lato: il cubo ha sei lati; bisogna considerare la questione da tutti i lati; questo è solo un lato della medaglia. Limitati a entità astratte o a proprietà interne sono aspetto e apparenza, dove il secondo termine sottolinea l’esteriorità ingannevole rispetto alla realtà effettiva: Renzo, che strepitava di notte in casa altrui, che vi s’era introdotto di soppiatto, e teneva il padrone stesso assediato in una stanza, ha tutta l’apparenza d’un oppressore; eppure, alla fin de’ fatti, era l’oppresso (A. Manzoni).
Altrettanto generici sono parte o lato, che possono sostituirsi a f. sia per oggetti sia per concetti: verniciare la parte destra dell’armadio; l’accaduto presenta lati oscuri.