faccia /'fatʃ:a/ s. f. [lat. facies "forma, aspetto, faccia", affine a facĕre "fare"] (pl. -ce). - 1. a. [parte anteriore esterna della testa dell'uomo, che va dalla fronte al mento: f. emaciata] ≈ (spreg.) mostaccio, viso, volto. ‖ (ant.) niffo, (spreg.) ceffo, (spreg.) grugno, musetto, muso. ● Espressioni (con uso fig.): avere la faccia di (fare qualcosa) ≈ ardire, avere il coraggio di, osare; faccia a faccia → □; gettare in faccia (a qualcuno) ≈ rinfacciare; perdere la faccia → □; ridere in faccia (a qualcuno) ≈ deridere (ø), schernire (ø); salvare la faccia ≈ salvare le apparenze. ‖ riabilitarsi, riscattarsi. ↔ perdere la faccia; fig., sbattere in faccia → □; sputare in faccia → □; voltare faccia ≈ cambiare idea, rimangiarsi la parola, ritrattare. ▲ Locuz. prep.: (a) faccia a faccia [molto vicino: si trovò (a) f. a f. col suo avversario] ≈ di fronte, vis-à-vis. ↑ a quattr'occhi; alla faccia [interiez. usata per indicare stupore] ≈ (non com.) accidempoli, accidenti, (non com.) acciderba, accipicchia, caspita, perbacco, però; di faccia 1. [con prospettiva frontale: fotografare qualcuno di f.] ≈ di fronte, in faccia. ↔ di spalle. ‖ di lato, di profilo. 2. [che si trova nella zona antistante: casa di f.] ≈ davanti, di fronte, dirimpetto, in faccia. ↔ dietro; in faccia (o di faccia) 1. [nella, sulla parte anteriore] ≈ davanti, di fronte, dinanzi. 2. (fig.) [in modo franco e diretto: dire le cose in f.] ≈ apertamente, chiaramente, chiaro e tondo, direttamente, esplicitamente, francamente, schiettamente, sinceramente. ↔ alle spalle, indirettamente, velatamente. ▼ Perifr. prep. (con uso fig.): fam., alla faccia di [per dispetto a qualcuno: alla f. dei bigotti] ≈ (lett.) a dispetto di; di (o in) faccia a [nella zona antistante: abitava di f. a noi] ≈ davanti a, di fronte a, dirimpetto a. ↔ alle spalle (di), (di) dietro a. b. [insieme dei tratti caratteristici di una faccia: la sua f. non mi è nuova] ≈ viso, volto. ‖ fattezze, fisionomia, lineamenti. 2. [modo di atteggiarsi del volto: f. aperta, leale; f. scura, accigliata; f. amica] ≈ apparenza, aria, aspetto, atteggiamento, espressione, Ⓣ (med.) facies. ‖ [soltanto in alcuni contesti negativi] cera (hai una brutta c.). ● Espressioni: faccia tosta (o di bronzo o, volg., da culo) → □. 3. (fig.) [modo di presentarsi di qualcosa: l'altra f. del problema] ≈ angolazione, aspetto, lato. 4. [porzione di qualcosa rivolta a chi guarda: f. della Luna] ≈ lato, parte, superficie. 5. [parte antistante di un edificio e sim.] ≈ facciata, fronte, prospetto. ↔ retro. 6. (estens.) [ciascuna delle superfici di un oggetto: due f. di un foglio] ≈ lato, superficie. ⇓ davanti, diritto, rovescio. □ faccia a faccia [circostanza pubblica in cui si incontrano due personaggi importanti con opinioni diverse: un acceso f. a f. tra due politici] ≈ confronto, dibattito, incontro, ping pong, scontro. □ faccia tosta (o di bronzo o, volg., da culo) 1. [persona di particolare sfrontatezza: quel ragazzo ha una bella f. tosta] ≈ insolente, sfacciato, sfrontato, spudorato. 2. [atteggiamento di chi non si vergogna di niente] ≈ insolenza, impudenza, sfacciataggine, sfrontatezza, spudoratezza. ‖ audacia, coraggio. ↔ discrezione, riguardo, riserbo, riservatezza, ritegno. ‖ deferenza, rispetto. □ perdere la faccia [fare una brutta figura] ≈ screditarsi, (volg.) sputtanarsi. ↔ salvare la faccia. □ sbattere in faccia [ricordare a qualcuno in modo aspro e umiliante un'ingratitudine, un'azione sgradevole e sim., con la prep. a] ≈ ‖ rinfacciare. □ sputare in faccia [manifestare disprezzo nei confronti di qualcuno, cui, per lo più, si dovrebbe gratitudine, con la prep. a] ≈ diprezzare (ø). ↔ apprezzare (ø).
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Le facce dell’uomo - Tra i termini che indicano la parte anteriore della testa dell’uomo, f. è quello più com. e fam. (e infatti è usato in numerose espressioni, locuz. e modi di dire, cit. sotto il lemma relativo), viso è di tono leggermente più sostenuto, volto è più lett.: lo minacciò scherzosamente col dito e sul suo volto passò un’ombra di serietà (I. Svevo).
Sensi spregiativi e derivati - In tono spreg. o iron. sono disponibili altri termini: ceffo, grugno e muso. Ceffo è il termine più offensivo dei tre, e si usa per indicare una persona dall’aspetto sinistro, sgradevole o poco raccomandabile: egli era davvero un brutto ceffo, torvo, ringhioso, e selvatico (G. Verga). Grugno è propriam. il muso del maiale, e viene usato in senso fig. per indicare sia un brutto aspetto (l’irto grugno raschioso, raso di fresco, gli dava l’aspetto di uno scimmione [L. Pirandello]), sia qualcuno che si prenderebbe volentieri a pugni (bada, Dora, son tomo da rompergli il grugno io, a quel tuo spasimante! [L. Pirandello]), sia un’espressione imbronciata o stizzita (dopo sei giorni di matrimonio, cominciate di già a farmi il grugno? [C. Goldoni]; la Doretta rimase col suo grugno senza poterla spuntare [I. Nievo]). Da quest’ultimo sign. di grugno derivano i verbi ingrugnare (o ingrugnarsi) e ingrugnire (o ingrugnirsi) «immusonirsi, tenere il broncio», e i relativi agg. ingrugnato e ingrugnito: che hai ora che t’ingrugni tanto? (I. Nievo); Franco stava in una poltrona, muto, ingrugnato quale chi sta in casa altrui e sente un puzzo che non può convenientemente fuggire né maledire (A. Fogazzaro); non ha forse nome d’umorista Mark Twain, i cui racconti sono, secondo la sua stessa definizione, «una collezione di eccellenti cose, prodigiosamente divertenti, che strappano il riso anche dai volti più ingrugniti?» (L. Pirandello).
Muso è infine il termine che designa la parte anteriore della testa di qualunque animale, e può essere esteso metaforicamente all’uomo sia in senso spreg. (l’ho veduto io rompere il muso ad uno sbirro [I. Nievo]), sia in senso vezzeggiativo (soprattutto con gli alterati musetto e musino: allorché il musino di lei, vero sorbetto di fragole e crema, apparve, ognuno sorrise, ognuno si offerse a dondolare la culla [C. Dossi]), sia a indicare il broncio ƒfare il muso o tenere il muso a qualcuno), in modo meno marcato di grugno: fece tanto di muso, e andò a sedere in disparte (G. Verga).
Ciò che appare - Con f., viso e volto si può anche voler intendere l’aspetto esteriore, i tratti facciali in generali (la sua f. mi dice qualcosa, forse ci siamo già incontrati?). In questo caso si può parlare di aspetto (ha un aspetto familiare), fattezze o fisionomia (tutti e tre termini più generali, che possono rimandare a caratteristiche non soltanto facciali: la persona alta, roca la voce, le fattezze ora composte a bellezza, ora turbate, e quasi rimpastate in forma tutt’altra [N. Tommaseo]; era di statura mediocre, dai quaranta ai quarantacinque anni, alquanto pingue, e di fisionomia propriamente borbonica [S. Pellico]), oppure, più specificamente per le caratteristiche del volto, di lineamenti (i miei occhi mi paiono neri e grandi, la mia fronte, la mia bocca, tutti i miei l. sono regolari, e il mio corpo non è poi uno scheletro [C. Boito]). Aspetto, più genericamente e meno direttamente di f., rimanda anche al modo di atteggiarsi, di apparire: oggi non hai un bell’aspetto, forse ti senti poco bene? In questo stesso sign., sono usati anche apparenza, aria o espressione: ha un’aria sciupata.
Atteggiamento è raramente limitato all’aspetto esteriore, indicando per lo più un complessivo modo di essere interiore che traspare anche all’esterno: ella gli teneva fissi addosso i begli occhi supplichevoli, con un grande sconforto, un grande abbandono doloroso in tutta la persona, nel viso pallido e disfatto, nell’atteggiamento umile, nelle braccia inerti che si aprivano desolate (G. Verga). Più specifico per le condizioni di salute è cera: avere una bella o una brutta c. indica il colorito e l’espressione facciale di chi si sente bene o male: sei indisposto? Hai una cera curiosa (I. Svevo).
Le facce delle cose - In riferimento alle cose, astratte o concrete, f. è il sinon. più generico e più fam. rispetto a designazioni più appropriate. Il sinon. più ricorrente è lato: il cubo ha sei lati; bisogna considerare la questione da tutti i lati; questo è solo un lato della medaglia. Limitati a entità astratte o a proprietà interne sono aspetto e apparenza, dove il secondo termine sottolinea l’esteriorità ingannevole rispetto alla realtà effettiva: Renzo, che strepitava di notte in casa altrui, che vi s’era introdotto di soppiatto, e teneva il padrone stesso assediato in una stanza, ha tutta l’apparenza d’un oppressore; eppure, alla fin de’ fatti, era l’oppresso (A. Manzoni).
Altrettanto generici sono parte o lato, che possono sostituirsi a f. sia per oggetti sia per concetti: verniciare la parte destra dell’armadio; l’accaduto presenta lati oscuri.