ferita
(ant. feruta) s. f. [der. di ferire]. – 1. a. Lesione traumatica caratterizzata dalla soluzione di continuo di tessuti molli: fare, farsi, prodursi una f.; una f. leggera, grave, seria; una brutta f., preoccupante per la gravità, l’ampiezza o profondità, l’aspetto, la possibilità di infezioni o altre complicazioni; f. che sanguina; f. aperta, riaperta; f. rimarginata; pieno, coperto, crivellato di ferite; curare, medicare, fasciare, sfasciare una f.; guarire, sanare una f.; guarire dalla ferita. In rapporto agli agenti vulneranti si distinguono, nel linguaggio medico e forense: f. da punta, da taglio, d’arma da fuoco; in rapporto alla profondità si hanno f. superficiali (che non oltrepassano il piano fasciale superiore), f. profonde (che vanno al di sotto del piano fasciale) e f. penetranti in cavità; si hanno inoltre: f. contuse, effetto di contusioni, f. lacere e f. da strappamento, con lacerazioni prodotte da morsi, cinghie di trasmissione, organi rotanti dentati, ecc., f. lacero-contuse. b. Analogam., in botanica, soluzione di continuità nei tessuti esterni, di rivestimento e protezione, delle piante, provocata da cause varie (insetti, fenomeni atmosferici, azioni dell’uomo). 2. fig. Dolore spirituale, lacerazione prodotta nell’animo da cosa che affligga o turbi profondamente: le f. d’amore; fu una crudele f. per il suo amor proprio; avere una f. aperta nel cuore; riaprire una ferita. ◆ Dim. feritina, feritùccia; pegg. feritàccia, una brutta ferita.