fondare
v. tr. [lat. fŭndare, der. di fundus «fondo2»] (io fóndo, ecc.). – 1. a. Gettare le fondamenta di un edificio, di una struttura muraria; in questo senso è usato per lo più assol.: un terreno su cui si fonda molto bene; f. sulla sabbia, sulla rena (spesso fig.: fare opera di scarsa durata e stabilità). b. Con uso estens., e più com., f. una città, farla sorgere, dando inizio alla costruzione di edifici o comunque di abitazioni, e rendendola atta a divenire un centro abitato: secondo la tradizione, Roma fu fondata nel 753 a. C.; analogam., f. una colonia, e sim. Con senso più ampio, erigere, creare un’istituzione nuova, promuovendone non soltanto la costruzione delle strutture murarie ma dotandola anche dei mezzi, materiali o altri, necessarî al suo sviluppo e funzionamento: f. un’accademia, una biblioteca, una chiesa, un monastero. c. fig. Dare vita, dare l’avviamento, individuare ed enunciare i principî sulla cui base conferire validità universale a una dottrina o a una scienza: f. una dottrina, un metodo nuovo; f. un partito; f. un ordine religioso; f. un impero. 2. Con altro senso fig., basare, appoggiare: f. il ragionamento sull’esperienza; f. l’accusa su prove di fatto; su che cosa fondi le tue speranze? Nel rifl., fondarsi su qualche cosa, assumerla come appoggio, a sostegno, o fare assegnamento su essa: simile principe non può fondarsi sopra quello che vede ne’ tempi quieti (Machiavelli); fondarsi su dati sicuri; la supposizione si fonda su semplici indizî; fai male a fondarti sulle sue promesse; non sapevate che l’iniquità non si fonda soltanto sulle sue forze, ma anche sulla credulità e sullo spavento altrui? (Manzoni). 3. intr., ant. Affondare, entrare a fondo; di una pianta, mettere radici profonde. ◆ Part. pres. fondante, anche come agg. (v. la voce). ◆ Part. pass. fondato, anche come agg. (v. la voce).