food-design
(food design), loc. s.le m. inv. Progettazione del cibo: ideazione, preparazione e allestimento di specialità alimentari e gastronomiche, con particolare attenzione al loro aspetto estetico e alla loro appetibilità. ◆ Il concetto di ristorazione si evolve, diventa food-design, si apre su paesaggi in continuo mutamento, guarda al cibo ma non troppo. Almeno non come funzione principe. È la nuova filosofia del «pret-à-manger», termine inventato dal rampante Stefano Cecchi, giovane imprenditore torinese che, dopo aver consolidato un impero della moda (è presidente del gruppo San Carlo dal 1973), sta ora sviluppando attività gourmand. (E. D. S., Stampa, 12 settembre 2003, p. 49, In Città) • [tit.] Tutti dicono food design [testo] Architetti del cibo o cuochi della forma? Una querelle nell’aria, visto il sempre maggior interesse per il matrimonio «food&design» che ormai sbuca da tutte le parti, pardon da ogni piatto. Il successo della progettazione del cibo spinge ormai molti, troppi a voler aderire a questo «branco» sulla cresta dell’onda, così nascono dubbi su cosa sia il «food design» (Davide Paolini, Sole 24 Ore, 11 aprile 2004, p. 43, Tempo liberato) • Ricordo certe galantine di pollo e certe cime, fatte da nonne e zie molto poco trendy, che parevano dei caleidoscopi: colori e forme sembravano disegnati sopra ogni fetta, disposti secondo un ordine centrifugo misterioso e seducente. Quelle massaie facevano food-design senza neanche saperlo. E pur non amando essere passatista ad ogni costo, devo dire che la gran parte delle nuove classificazioni un poco fighette che ci assediano (a cominciare da trekking, che sarebbe poi il vecchio «escursionismo», pari pari), mi sembrano piccoli espedienti per fare più o meno le stesse cose, ma con il conforto di una definizione più modaiola. (Michele Serra, Repubblica, 20 aprile 2008, p. 49, Domenicale).
Espressione ingl. composta dai s. food (‘cibo’) e design.