forma-partito
loc. s.le f. Progetto ideale, strutturale e organizzativo sul quale si basa un partito politico. ◆ quali erano le ragioni profonde del fascino morale e intellettuale esercitato da un mondo che pure non ha mai occupato la scena della grande politica, non ha mai avuto alle spalle il consenso e le masse che hanno sorretto le forme-partito affermatesi nel Novecento? (Giovanni De Luna, Stampa, 3 maggio 2006, p. 27, Società e Cultura) • Ero [...] esasperato dal processo, labile e oltranzista insieme, di formazione di un partito senza sostanza e senza identità: senza brand, perché il termine «democratico» è il più a-specifico che si conosca; senza ideologia, visto che non basta proclamare l’unione della cultura ex comunista con quella cattolica; senza programma, visto che il suo «manifesto» fondativo è di una genericità deprimente; senza ipotesi di rete organizzativa (mai una parola sulla forma-partito cui ci si vuole ispirare); senza blocco sociale di riferimento, un aggancio cioè alla composizione sociale italiana; senza regole di funzionamento certe (Giuseppe De Rita, Corriere della sera, 28 luglio 2007, p. 36, Commenti) • «Bisogna fare il porta a porta. E in modo costante». Come fa la Lega. Da qui il problema della forma-partito. «Serve una grande ramificazione territoriale, una buona dose di autonomia e una classe dirigente strutturata». Solo così è possibile quella penetrazione che al Pd è mancata. [Antonio Panzeri intervistato da Elisa Calessi] (Libero, 19 aprile 2008, p. 8, Primo piano).
Composto dal s. f. forma e dal s. m. partito.
Già attestato nella Repubblica del 25 aprile 1984, p. 5, Politica.