fosforo
fòsforo s. m. [dal gr. ϕωσϕόρος «portatore di luce», comp. di ϕῶς «luce» e -ϕόρος «-foro»]. – 1. Elemento chimico, di simbolo P, numero atomico 15, peso atomico 30,98, mai libero in natura ma abbondante nei fosfati minerali. Viene assunto dalle piante sotto forma inorganica ed è presente in sostanze da esse elaborate (fosfoprotidi, fosfolipidi, acidi nucleici, ecc.), che sono assimilate dagli animali, nei quali esplicano varie e importanti funzioni; nei vertebrati è presente anche sotto forma insolubile (fosfato tricalcico) nelle ossa e nei denti. Puro esiste sotto varie forme allotropiche (f. bianco, detto anche giallo o comune, molto reattivo, fosforescente, velenoso, f. rosso, f. nero, f. violetto), con differenti proprietà fisiche e chimiche, e viene usato, tra l’altro, nella produzione di leghe metalliche, nella fabbricazione di fiammiferi, in pirotecnica. In passato è stato largamente utilizzato in medicina sotto forma di composti organici e inorganici per favorire la crescita della sostanza ossea, la formazione di globuli rossi, e come tonico del sistema nervoso; a dosi eccessive è altamente tossico (v. fosforismo). 2. Nell’uso com., in senso fig.: ha del f. nel cervello, di persona che mostri intelligenza vivace, ingegno pronto; al contrario, non ha f., gli manca il f. nel cervello, e sim., di chi rivela scarsa intelligenza e prontezza d’intuito o anche semplicem. stanchezza intellettuale. 3. Fosforo di Bologna: nome dato in passato dall’alchimista bolognese V. Cascariolo o Casciarolo al solfuro di bario fosforescente, da lui ottenuto nel 1602 arroventando il solfato di bario in presenza di materie combustibili.