futurismo
s. m. [der. di futuro]. – Movimento letterario, artistico e politico, fondato nel 1909 da F. T. Marinetti in reazione, oltre che alla letteratura borghese dell’Ottocento, alla magniloquenza e all’estetismo dannunziani. Attraverso tutta una serie di «manifesti» e di clamorose polemiche, propugnava un’arte e un costume che avrebbero dovuto fare tabula rasa del passato e di ogni forma espressiva tradizionale e informarsi al dinamismo della vita moderna, della civiltà meccanica, proiettandosi verso il futuro, nel tripudio dei sensi, obbedendo allo slancio vitale e alla volontà di potenza, individuale e nazionale: in Italia si espresse politicamente schierandosi con il partito interventista in occasione della prima guerra mondiale e si confuse, in taluni suoi esponenti, col fascismo stesso. I manifesti programmatici e l’attività, insieme dissolutrice e vitalistica, del futurismo riguardarono, oltre che la letteratura, la politica e il costume, anche la pittura, la scultura, l’architettura, la musica, il teatro, il cinema e le arti decorative, ponendo il movimento nel novero delle grandi correnti artistiche contemporanee. Tra i principali esponenti: U. Boccioni, C. Carrà, G. Balla e G. Severini in pittura, M. Bontempelli, A. Soffici, A. Palazzeschi e lo stesso Marinetti in letteratura, A. G. Bragaglia nella fotografia e nel teatro, A. Sant’Elia in architettura e F. Balilla Pratella in musica.