ganascia
ganàscia s. f. [lat. *ganathus, che è dal gr. γνάϑος «mascella»] (pl. -sce). – 1. a. Parte del volto umano che comprende la mascella e la guancia; è termine usato soprattutto in alcune espressioni: muovere, dimenare le g., mangiando; mangiare a quattro g., a piene g., con avidità e ingordamente; anche fig.: amministratori che mangiano a quattro ganasce. b. Analogam., negli animali e soprattutto nei quadrupedi, la regione della faccia che ha per base il margine inferiore e posteriore della mandibola e comprende anche la mascella. 2. fig. In alcune applicazioni tecniche: a. L’elemento mobile della morsa e del morsetto che si accosta alla parte fissa. b. Organo dei freni avente la funzione di esercitare, per il tramite di superfici ad alto coefficiente di attrito, lo sforzo frenante sull’organo rotante. c. Piastra d’acciaio adoperata, in coppia, per il collegamento delle rotaie in corrispondenza dei giunti di dilatazione; le due ganasce vengono disposte sui lati delle rotaie da congiungere e unite tra loro e a queste mediante chiavarde passanti. d. Pezzo di legno duro e tenace (generalmente olmo) che serve a collegare, mediante chiodi, elementi di legno accostati (per es., nei ponteggi, le sostacchine che formano una candela). e. Ciascuna delle due facce di un bozzello tra le quali girano le sue pulegge. ◆ Dim. ganascina, raro ganascétta; il masch. ganascino si usa solo nella locuz. pigliare per il ganascino (anche prendere il ganascino; meno com. dare il ganascino), stringere la guancia d’un bambino o d’altra persona, per carezza, col dorso delle dita tra l’indice e il medio: stese la mano al viso dell’oste, per prendergli il ganascino, in segno di amicizia e di riconoscenza (Manzoni).