gelare
v. intr. e tr. [lat. gĕlare] (io gèlo, ecc.). – 1. intr. (aus. essere) Farsi ghiaccio, diventare ghiaccio, o diventare freddo come il ghiaccio: l’acqua gela (cioè diventa solida) a zero gradi; il lago gela, il fiume è gelato; con la particella pron.: mi si son gelate le mani; in quella stanza ci si gela; di pianta, inaridirsi per il gran freddo: la brinata ha fatto g. gli ulivi; impers., fare il gelo: ieri notte è (o ha) gelato dappertutto. Fig., sentirsi g., o sentirsi g. il sangue, provare gran spavento o raccapriccio: a quella vista mi sentii gelare. 2. tr. Ghiacciare, rendere freddo (e, in senso proprio, anche solido) come ghiaccio: una temperatura che gelava l’acqua delle fontane; tira un vento che gela la faccia; fig.: la notizia mi gelò il sangue. Con altro senso fig., togliere improvvisamente l’allegria, la cordialità, far ammutolire: la sua comparsa gelò l’ambiente; fu una frase infelice, che gelò la conversazione. ◆ Part. pass. gelato, anche come agg.: il fiume è tutto gelato; spesso con sign. attenuato, molto freddo: quest’acqua è gelata; bevande gelate; cono gelato (v. cono); ho le mani gelate, sono tutto gelato; riferito a frutta e ortaggi, attaccato e guastato dal gelo: mele gelate, patate gelate, cavoli gelati. Fig., preso da spavento o raccapriccio: stretto m’accostai, Tutto gelato, a le fidate spalle (Dante). Per l’uso come s. m., con sign. proprio, v. gelato.