gemere
gèmere v. intr. [lat. gĕmĕre] (aus. avere). – 1. a. Lamentarsi, dolersi sommessamente e con suoni non articolati: il malato gemeva nel suo letto; anche riferito ad alcuni animali, e spec. alla colomba o alla tortora che fanno il loro verso. Con uso trans., nel linguaggio poet., piangere, rimpiangere: gemendo Il fior de’ tuoi gentili anni caduto (Foscolo). b. estens. Soffrire, penare, essere oppresso, spec. per ingiustizie sociali e sim.: il popolo gemeva in duri stenti; nazione che geme sotto il giogo straniero. c. Stridere, scricchiolare, detto spec. di legname gravato da un peso: le travi gemevano; il carro gemette sotto l’eccessivo carico; fig., far g. i torchi, stampare, dare alle stampe (oggi per lo più scherz.). 2. Gocciare, stillare lentamente, riferito sia al liquido che esce a goccia a goccia da commessure o per trasudamento da un recipiente, da una parete o altro, sia all’oggetto stesso da cui l’umore trasuda o si versa: la botte geme; il vino geme dalla botte; il sangue gemeva dalla ferita; Come d’un stizzo verde ch’arso sia Da l’un de’ capi, che da l’altro geme E cigola per vento che va via (Dante); anche con riferimento alle piante di vite, quando dai tagli mandano fuori a goccia a goccia un umore acquoso: g. (o piangere) come una vite tagliata. Talora usato trans.: pianta che geme un succo lattiginoso. ◆ Part. pres. gemènte, anche come agg., nelle varie accezioni del verbo.