gergo
gèrgo (ant. gergóne) s. m. [dal fr. ant. jergon, jargon, che in origine significava «cinguettio»] (pl. -ghi). – 1. Forma di linguaggio propria di certi gruppi sociali (sette religiose o politiche, mercanti, persone dello stesso mestiere, e anche vagabondi, malviventi, carcerati, ecc.), usata allo scopo di evitare la comprensione da parte di persone estranee al gruppo: parlare il g., e più comunem. parlare in gergo. Consiste nella sistematica sostituzione di vocaboli della lingua comune con altri di origine straniera, o anche indigeni ma con significato mutato e allusivo, oppure deformati o alterati con ricorso a metatesi, con aggiunta o sostituzione di suffissi, con scorciature finali, ecc., come avviene nei varî tipi di furbesco in Italia, nell’argot francese, ecc. 2. Per estens., ogni parlare allusivo, indiretto, non esplicito e quindi poco comprensibile o enigmatico: capii il g. e me ne andai; scrivere in g.; ognuno in g. a scrivacchiar s’è messo Sogni accattati, affetto che non sente (Giusti). Anche, il linguaggio di determinati ambienti o categorie di persone che, per ragioni tecniche o scientifiche o per affettazione, comprende parole e locuzioni esclusive a questi ambienti o categorie: g. medico, politico, diplomatico, burocratico, teatrale; g. studentesco; il g. degli ermetici, degli esistenzialisti, ecc.