geroglifico
geroġlìfico (ant. ieroġlìfico) s. m. e agg. [dal lat. tardo hieroglyphĭcus, gr. ἱερογλυϕικός nella locuz. ἱερογλυϕικὰ γράμματα «lettere sacre incise»; comp. di ἱερός «sacro» e γλύϕω «incidere»] (pl. m. -ci). – 1. a. s. m. Ciascuno dei segni della scrittura degli antichi Egiziani, che consistevano in immagini schematiche di oggetti reali, e il cui numero aumentò da circa 700 nel periodo classico ad alcune migliaia nel periodo tardo; ritenuti, dai tempi degli antichi Greci in poi, di esclusivo significato allegorico e simbolico, furono compresi nel loro vero valore, ideografico e fonetico insieme, soltanto nella prima metà del sec. 19°: alcuni geroglifici indicavano, allo stesso tempo, gli oggetti di cui costituivano una schematizzazione e i loro nomi, mentre altri rappresentavano direttamente una o più consonanti all’interno di una parola. b. agg. Costituito da geroglifici: la scrittura g.; segni, caratteri geroglifici (v. fig. a p. 618). 2. s. m. a. estens. Emblema, simbolo, raffigurazione simbolica di una realtà: nel piano più illuminato di tutti, perché vi si espongono i g., significanti le cose umane più conosciute, ... l’ingegnoso pittore fa comparire un fascio romano, una spada ed una borsa appoggiate al fascio, una bilancia e ’l caduceo di Mercurio (Vico). b. fig. Segno, scrittura difficile a leggersi o a interpretarsi, scarabocchio: chi li capisce questi suoi g.?; la parete era piena di g. strani. Non com., al sing. o al plur., linguaggio, discorso (o anche altra forma di espressione) oscuro e incomprensibile: mi rimangono ancora misteriori i suoi g.; parlare in geroglifico.