gia
già avv. [lat. iam]. – 1. a. Riferito a un verbo o a una locuz. in funzione di predicato, indica che nel momento in cui si parla, o di cui si parla, un fatto è ormai compiuto o sta compiendosi o è accaduto da poco: è già tutto fatto; quando arrivai alla stazione, il treno era già partito; Già era ’l sole a l’orizzonte giunto (Dante); io a quell’ora sarò già lontano. Altre volte sottolinea una situazione in atto o rafforza l’idea del tempo trascorso: andiamo, è già tardi; sono già stufo di stare qui; sono già due ore che aspetto; erano passati già tanti anni. Spesso, in frasi esclamative o interrogative, esprime la meraviglia, la contentezza o il rammarico che un fatto avvenga, sia avvenuto o stia per avvenire prima di quanto ci si aspettasse: è già l’ora?; sei già qui?; vuoi già lasciarci?; pensare che siamo già a Natale!; non mi pareva vero di avere già un impiego; peccato che lo spettacolo sia già terminato. E con più forza, di già: sei di già tornato?; spec. in risposte: «È l’ora d’andar via» «Di già?»; anche in grafia unita: un uomo ancora giovane, ma digià tutto calvo. b. Prima d’ora (volendo dire che non è la prima volta che si fa, si vede o si dice qualche cosa): t’ho già avvertito più volte; eppure quella faccia l’ho già vista in qualche luogo. c. Per l’addietro, in tempi passati: in Firenze fu già un giovane chiamato Federigo (Boccaccio). Davanti a un sostantivo, e sottintendendo i verbi essere o chiamarsi, indica che la persona o la cosa nominata non esercita più quell’ufficio, non ha più quella funzione o quel nome: il ministro della Difesa, già sottosegretario agli Interni; il castello, già residenza della famiglia reale; l’albergo delle Chiavi d’oro, già «Locanda della Posta». d. Sin da ora: prevedo già come andrà a finire; già me lo sento, già me l’immagino; comincio già ad averne abbastanza. 2. Isolato, esprime assenso o conferma: «Ci sarai anche tu?» «Già»; anche ripetuto: già, già, è proprio vero. Con la stessa funzione s’intercala spesso a quanto altri sta dicendo, anche per semplice cerimonia o per invitare a continuare il discorso. Talora l’assenso è solo formale e, secondo il tono con cui la parola si pronuncia, può esprimere concessione forzata («Come vedi, ti ho vinto» «Già»), dubbio (già, potrebbe anche darsi), ironia («Mi porti a ballare?» «Già, ci andiamo di corsa»), equivalendo in quest’ultimo caso anche a negazione («Devi fare ciò che voglio io» «Già!»). 3. Con valore puramente rafforzativo: io non ci devo pensare più a quel poverino. Già si vede che non era destinato (Manzoni); eh, già, dovevo immaginarmelo!; spec. se preceduto da non: ho detto così per dire, non già per offenderti; e in correlazione con ma: ti consiglio non già come tuo direttore, ma come amico. ◆ V. anche i composti giacché, giammai.