giudice
giùdice (letter. ant. iùdice) s. m. [lat. iūdex -dĭcis, propr. «colui che dice il diritto», comp. di ius «diritto» e tema di dicĕre «dire»]. – 1. a. Nel sign. più ampio, chi giudica in atto, o ha l’ufficio, l’autorità, la competenza di emettere giudizî, pareri, decisioni in merito a questioni particolari: essere g. di un concorso, di una competizione, di una controversia; il g. del gioco, i g. delle corse; il supremo g., Dio; nominare qualcuno g. del contraddittorio; farsi g., atteggiarsi, impancarsi a g.; tu solo sei g. del tuo operato; vuol farla da g. in tutto; essere g., essere buon g., essere in grado, avere la capacità di ben giudicare d’una cosa: è buon g. di musica, d’arte; in fatto di vini è buon giudice; con uso fig.: vero g. è il tempo. b. In partic.: g. di campo, denominazione degli ufficiali che nelle esercitazioni e manovre con le truppe vengono assegnati dai comandi superiori ai partiti contrapposti con funzioni di controllo e di arbitraggio sulla condotta dei reparti e sullo svolgimento delle operazioni; nello sport, g. di gara, chi è preposto al controllo della regolarità di una competizione sportiva e alla proclamazione del vincitore (generalmente fa parte di un collegio giudicante, ma può anche essere unico, per es. nel calcio, e in tal caso è detto arbitro); giudici di linea, in alcuni sport (per es., nella pallavolo e nel tennis), gli assistenti dell’arbitro (di solito in numero di quattro) che hanno il compito di controllare l’eventuale uscita della palla fuori dalle linee delimitanti il campo di gioco. 2. a. Pubblico ufficiale che, in un processo, è investito dell’autorità di giudicare in base alle norme vigenti del diritto: g. civile, penale, amministrativo, costituzionale, secondo l’indole della materia del processo; g. monocratico, g. collegiale, a seconda che l’organo giudicante sia costituito da una o più persone; g. ordinario, g. speciale, secondo l’indole e l’ampiezza della giurisdizione; g. inferiore, g. superiore, secondo il grado della giurisdizione; g. togato, magistrato di carriera; g. popolare, cittadino non appartenente all’ordine giudiziario, chiamato per sorteggio a giudicare reati di competenza della Corte d’assise. Con riferimento a funzioni specifiche: g. delegato, giudice che, in un procedimento fallimentare, dirige le operazioni fallimentari e sorveglia l’attività del curatore; per g. conciliatore e g. istruttore, v. conciliatore e istruttore; per il g. di pace, v. pace, n. 2. b. Nell’uso com., con valore generico, magistrato: ricorrere ai g.; citare dinanzi al g.; con uso fig.: essere g. e parte, di persona che giudica su cose alle quali è direttamente interessata; nessuno può essere g. in causa propria, non può cioè giudicare senza imparzialità di cose che direttamente lo riguardino. c. In Francia, durante l’impero di Napoleone I (1804-1814), gran g. (fr. grand juge), titolo ufficiale del ministro della Giustizia. 3. Denominazione dei condottieri ebrei che, dopo la conquista della Palestina, sorsero in varî luoghi e momenti per guidare il popolo contro nemici e oppressori nel periodo detto appunto «dei Giudici» (sec. 12° e 11° a. C.). 4. Nella Sardegna medievale, il governatore (detto anche re) di un giudicato (detto anche regno); v. anche giudichessa. 5. G. della monarchia sicula: magistratura creata da Filippo II di Spagna (1579) per esercitare tutti i poteri derivanti dalla legazia apostolica; abolita una prima volta nel 1715 e risorta in seguito sotto altro nome, fu definitivamente soppressa da Pio IX nel 1864. 6. G. della bilancia, locuzione con cui è talvolta indicato l’ago che segna l’inclinazione del giogo della bilancia. ◆ Nei sign. proprî, è usato il masch. anche per indicare una donna che esercita l’ufficio o svolge funzioni di giudice; negli usi estens. e fig., riferito a un soggetto di genere femm., come apposizione o come pred. nominale, può essere adoperato sia al masch. sia al femm.: non sei stata un buon g. o, più fam., una buona giudice; la Chiesa sola è g. (o è sola g.) in materia di fede; diamo ascolto alla coscienza, primo g. (non prima g.) delle nostre azioni; come soggetto o complemento, invece, il femm. è raro o poet.: Già si sedeva all’amoroso ufficio La bellissima g. (Guarini); v. inoltre giudichessa.