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gli2 pron. pers. [lat. ĭllī, dativo sing. di ille «egli»]. – Forma debole della declinazione del pron. pers. egli, usata per il compl. di termine, «a lui»; si appoggia al verbo come proclitica (gli disse, gli fece; anche pleon.: la gente era più fitta quanto più s’andava avanti, ma al portatore gli si faceva largo, Manzoni) o come enclitica (dìtegli, dirgli, dicèndogli, dèttogli, ant. dìssegli, ecc.). Nel parlato e nello scritto informale si va sempre più diffondendo, anche come femm., «a lei» (gli telefonerò che desidero vederla), conforme all’etimologia, essendo illi maschile e femminile; più frequente come forma atona del dativo plurale maschile e femminile, col sign. di «a loro»: Chi si cura di costoro a Milano? Chi gli darebbe retta? (Manzoni); le belle ragazze di qui non sono degne di portargli le scarpe, a quelle di Napoli (Verga). Seguito dai pronomi atoni lo, la, li, le, ne, si fonde con questi in un’unica parola assumendo la forma glie- (glielo, gliela, ecc., meno com. glie lo, glie la, ecc.), e in questo caso può essere regolarmente masch. o femm., sing. o plur.: glielo dirò io stesso; gliene parlerò domani; gliene disse di tutti i colori; le parole bisogna cavargliele di bocca. In antico la forma gliele era usata anche con il valore di «glielo, gliela, glieli»; l’odierno vernacolo fiorentino conserva con questo valore indistinto la forma gnene. In tutte queste forme composte è possibile l’elisione della vocale finale davanti ad altra vocale (gliel’andò a dire); è ant. il troncamento davanti a consonante (gliel disse).

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