grave
agg. [lat. gravis]. – 1. a. Che ha peso, che è soggetto alla forza di gravità: i corpi g. (anche s. m., spec. al plur.: le leggi della caduta dei g.); e cantando vanìo Come per acqua cupa cosa g. (Dante). b. Contrapposto a leggero, che ha peso relativamente grande o che fa sentire troppo il suo peso (sinon. quindi del più com. e pop. pesante): camminava curvo sotto il suo g. fardello di legna; panni g., disus., gli abiti invernali; soldati di g. armatura, nell’antica milizia, quelli armati di corazza, schinieri, lancia e scudo. c. estens. Che dà una sensazione di peso: sentirsi la testa g. (per troppo lavoro, per poco sonno o per altro); avere gli occhi g. di (o dal) sonno, che accennano a chiudersi; cibi g., difficili da digerire; aria g., afosa, che opprime il respiro. Anche in queste accezioni, è meno com. di pesante. 2. fig. a. Di qualsiasi cosa dura a sopportarsi: fatica g.; g. molestia; sottostare a g. giogo; quindi, in partic., faticoso: questa montagna è tale Che sempre al cominciar di sotto è g. (Dante); fastidioso ai sensi: odore g.; il g. puzzo (cfr. graveolente); che affligge, aspro, spiacevole: rivolgere un g. rimprovero; usare parole g.; importuno: Temendo no ’l mio dir li fosse grave, Infino al fiume del parlar mi trassi (Dante); anche di persona: Per non esser lor grave, assai mi guardo (Petrarca); e con valore neutro, esser g., parere g., spiacere, rincrescere: ma la tua festa Ch’anco tardi a venir non ti sia g. (Leopardi); non mi parrà g. fare questo per te. b. Di cosa che è seria, importante in sé, e come tale va considerata: ragioni, argomenti, obiezioni g.; affari g.; momento g., questione, difficoltà g.; g. accusa; indizio g.; ci sono g. notizie. c. Che comporta o annuncia pericolo: esporsi a un g. rischio; sono sintomi g.; è un caso veramente g.; che può avere conseguenze dannose: è stato un g. errore; sarebbe una g. debolezza. In partic., di malattia, ferita e sim., pericoloso, di guarigione difficile: malattia g.; g. lesioni; subire un g. intervento chirurgico; anche riferito alla persona: pare che il malato sia g.; i feriti più gravi. d. Riferito a cose che includono in sé l’idea di un male, è in genere sinon., più espressivo, di grande: dolore, disgrazia, lutto g.; patire g. danno; subire g. perdite; condannare a g. pena; provocare g. malcontento; suscitare g. disordini; è stato un g. scandalo; commettere una g. colpa, un g. delitto; peccato g., mortale. G. offesa, uno dei tre gradi in cui il codice cavalleresco distingue l’offesa (semplice, grave, atroce), ai fini della determinazione dei particolari di un duello. 3. a. letter. Aggravato, carico: essere g. di vino, di cibo; fig.: g. d’anni, d’età, vecchio, anziano; quindi, in g. età, in età avanzata. b. Al femm., ant. e poet., gravida: Al parto in che mia madre, ch’è or santa, S’allevïò di me ond’era g. (Dante); Galaciella che di sei Mesi era g. (Ariosto). c. Lento nel muoversi, tardo (opposto a svelto): persona g. nel camminare; avanzava con passo g.; quindi anche cauto, prudente: Siate, Cristiani, a muovervi più gravi (Dante); o pigro, neghittoso: Le vite son sì corte, Sì gravi i corpi e frali Degli uomini mortali (Petrarca). d. Con altro senso fig., di persona seria, autorevole, che fa le cose con ponderatezza; iron., fare il g., stare sul g., darsi un contegno di persona seria e importante: via, non fare tanto il g.! Più com., detto dell’aspetto e dei modi della persona, dignitoso, austero, improntato a grande serietà: portamento, incedere, andatura g.; il tono delle sue parole era molto g.; Genti v’eran con occhi tardi e gravi, Di grande autorità ne’ lor sembianti (Dante); era il suo andare g. e mansueto (Boccaccio). Per estens., stile g., dignitoso, sostenuto; l’itala Grave cetra (Foscolo), la composta solennità della poesia italiana. e. Addolorato, triste, pensieroso: Rimasi g., e sospirando andai (Petrarca). 4. In musica: a. Sinon. di basso (contr. di acuto): suono g.; note gravi. b. Come didascalia (e quindi anche con funzione di s. m.), il più lento dei movimenti praticabili nell’esecuzione di un passo musicale. 5. Accento grave: segno grafico (`) che nella scrittura corrente dell’italiano si pone sull’ultima vocale di parole tronche e sui monosillabi che richiedono distinzioni di significato (per es. città, laggiù, il dì, là avv., ecc.), oppure sulle vocali e, o toniche per indicare il timbro aperto (per es. liève, mòbile, ecc.). In altre lingue è usato con funzione analoga o diversa; nel greco rappresenta l’attenuazione dell’accento acuto nelle parole ossitone che non siano seguite da interpunzione o da enclitica. V. anche accento. ◆ Dim., fam., gravùccio, poco com. gravino; accr. e pegg. gravàccio, tosc., di persona grave, pesante nelle membra e nei movimenti (con questo senso, ma senza connotazione pegg., anche gravòccio). ◆ Avv. graveménte, in modo grave, in misura notevole e preoccupante: è gravemente malato; molti edifici sono gravemente danneggiati dal terremoto; la situazione politica va gravemente deteriorandosi; meno com., con tono grave, dolorosamente serio: parlare gravemente; accennò gravemente alla situazione del paese.