grazia
gràzia s. f. [dal lat. gratia, der. di gratus «gradito; riconoscente»]. – 1. Qualità naturale di tutto ciò che, per una sua intima bellezza, delicatezza, spontaneità, finezza, leggiadria, o per l’armonica fusione di tutte queste doti, impressiona gradevolmente i sensi e lo spirito. a. Di persona, nell’aspetto esteriore: la g. dei lineamenti, del volto, delle forme; lineamenti privi di grazia; quel vestito le conferiva molta g.; nel portamento, negli atti, nelle varie manifestazioni: camminare, muoversi, salutare, offrire con g.; parlare, discorrere, recitare con g., senza g., con g. affettata; avere, non avere grazia (nel camminare, nel muoversi, ecc., o anche assol., in senso ampio); danza con incomparabile g.; canta, suona, dipinge con molta g.; ha una g. che incanta, che innamora; spira grazia da ogni suo gesto; quindi, per estens., la g. degli atti, dei movimenti, delle parole, e, al plur., vezzi, mosse leggiadre: come si può restare insensibili alle sue g.?; Vostra Grazia, titolo che si dà ai duchi in Inghilterra. b. Con sign. più determinato, gentilezza, cortesia, buone maniere nei rapporti con gli altri: accogliere, chiedere, rimproverare con grazia; fam., anche buona grazia: è pieno di buona g.; un po’ di buona g. non guasta mai (al contrario, mala g., sgarbatezza, cattive maniere); in frasi esclamative: un po’ di g.!, con più g.!, a chi si comporta o fa le cose sgarbatamente. c. Riferito a cose, e in partic. a ciò che è prodotto dall’arte, dall’ingegno dell’uomo, o riguarda la parola, lo scritto: ammirare la g. di un dipinto, di una statua, di una composizione architettonica; quanta g. in quei versi, in quella musica!; vestito, lavoro fatto con grazia; la parlata senese ha una g. tutta particolare; stile senza grazia; la g. della sua lingua si potrebbe agguagliare alla dolcissima eloquenzia dell’antico Cicerone (Boccaccio). Non avere né garbo né g., o essere o esser fatto senza garbo né g., di cosa mal fatta, o di persona rozza, grossolana, sgarbata. d. fig. Finezza, squisitezza di sapore o d’odore: senti la g. di questo vino, di questo profumo; dare grazia a una pietanza con un po’ di limone, di cannella, di aromi. e. Con sign. concr., in tipografia, sono detti grazie o finezze (e anche tratti, terminali, terminazioni) i filetti più o meno sottili che terminano, di piede e di testa, i singoli caratteri (esclusi quelli lineari, cioè a bastone). 2. a. Buona disposizione dell’animo verso altri, favore, benevolenza, amicizia: prendere in grazia, ricevere nella propria g. qualcuno, accordargli il proprio favore; essere in grazia di qualcuno, goderne il favore, essere da lui benvoluto (il contrario, essere in disgrazia); trovare grazia presso qualcuno, entrare in grazia o nelle grazie di qualcuno, riuscirgli gradito. In partic., essere in grazia di Dio, essere senza peccato mortale (e sim. vivere, morire in g. di Dio): Se orazïone in prima non m’aita Che surga sù di cuor che in grazia viva (Dante); nel linguaggio fam., esser fuori della g. di Dio, essere fuori di sé, in stato di estrema irritazione. Spesso al plur.: essere nelle g., godere le g. di qualcuno; ottenere, guadagnare, conciliarsi, perdere, riacquistare la g. o le grazie di qualcuno. Fam., con lo stesso sign., buona g. o buone g.: sono entrato nelle sue buone g.; godeva tutte le sue buone g.; era in buona g. al ministro. Con uso eufem. (non più attuale), riferito a donna e per lo più al plur., favori amorosi: gode le buone g. della signora; è l’unico corteggiatore a cui ella conceda le sue g.; è una donna larga delle sue grazie. In qualche caso, buona g. è sinon. di mancia: la sua buona g., signore!; aspetto la vostra buona grazia; con accezione affine, accettare le g., le buone g. di qualcuno, la sua gentile offerta o proposta: «Accetterò le vostre grazie», rispose colui (Manzoni: si tratta della proposta di andare a bere un bicchiere insieme). b. In teologia, l’aiuto soprannaturale che Dio concede all’uomo per guidarlo nella via della virtù e concorrere alla sua santificazione: conseguire la g. di Dio; Dio infonde agli uomini la sua g.; g. battesimale, quella che viene acquisita attraverso il battesimo; g. giustificante, g. illuminante, g. adiuvante, g. eccitante, a seconda degli effetti che essa produce nell’intelletto e nella volontà dell’uomo; più in partic., g. attuale, atto gratuito di Dio che illumina l’intelletto ed eccita la volontà dell’uomo così che egli possa compiere gli atti preparatorî alla giustificazione; g. abituale, qualità permanente infusa da Dio nell’anima al momento della giustificazione, che la rinnova e santifica internamente, trasferendola dallo stato di peccato in quello di figlio di Dio e rendendola partecipe della natura divina, ponendola cioè in stato di grazia (detta perciò anche grazia santificante); g. sufficiente, dono soprannaturale che pone l’uomo nella piena possibilità di fare il bene necessario per la sua salvezza, ma che può restare senza effetto in quanto può non essere accolta dalla volontà dell’uomo stesso. Nell’uso com.: Maria piena di grazia, la Madonna (secondo le parole della salutazione angelica); anno di grazia, anno dell’era volgare (perché con la redenzione di Cristo l’uomo ha riacquistato la grazia di Dio): nell’anno di g. 1298; oggi per lo più scherz.: ma guarda un po’ le cose che si debbono vedere nell’anno di g. 2008! 3. a. Concessione straordinaria (di un beneficio, di un favore o d’altra cosa richiesta) fatta, per atto di generosità, da un alto personaggio o in genere da maggiore a minore: domandare, supplicare, pregare, impetrare, ottenere, accordare, concedere, elargire una g.; fatemi questa g.; ve lo chiedo per g.; talora iron.: pare che ti faccia una g. a darti ascolto; per somma g. ci ha offerto un aperitivo al bar. Come locuz. storica, cavaliere di grazia, cavaliere ascritto all’ordine per grazia particolare, non per diritto di nascita. Con sign. più tenue in formule di cortesia: di grazia (ormai in disuso), per favore, per cortesia: di g., sa dirmi l’ora?; di g., tacete; con vostra buona g., con buona g. di lor signori, modo di chiedere permesso o consenso, oggi soltanto in tono scherz. o iron.; tutta g. sua!, a chi ci fa una lode o una concessione più per sua bontà che per merito nostro; troppa g.!, troppa bontà, troppa degnazione!; avere di grazia, potersi ritenere più che contento: avrò di g. se mi farà parte di un quinto del guadagno; analogam., sarà g. se non ne esce con qualche costola rotta, sarà una fortuna se ecc. Nell’uso fam., la grazia!, alla grazia!, detto in tono esclamativo o di meraviglia quando altri attenui di molto la verità di un fatto (quasi a dire «gran concessione la vostra!», o sim.): «Beve poco lui? La grazia! Ha vuotato da solo quasi tutto il fiasco!»; «Ha premesso che avrebbe detto poche parole; la g. di quelle poche!». b. Atto (decreto) del capo dello stato nei confronti di un singolo condannato, con cui la pena inflitta viene condonata in tutto o in parte o viene commutata in altra specie di pena stabilita dalla legge (è quindi causa di estinzione della pena e non del reato): diritto di g.; chiedere, ottenere la g.; far domanda di g.; fare ricorso di g.; accordare, sottoscrivere la g.; fare g. della vita; il capo dello stato gli ha fatto la g. di cinque anni di reclusione (gli ha ridotto di cinque anni la pena). c. Per estens., domandare grazia, domandare venia, indulgenza: domando g. per il troppo ardire; fare grazia di un debito, rimetterlo; più genericam., fare grazia di una cosa, dispensare da un obbligo, da una seccatura o sim.: ti leggo solo la prima parte della lettera, e ti faccio g. del resto (come a dire: ti libero dal supplizio di ascoltare il resto). In partic., colpo di grazia, il colpo che si dà al nemico morente sul campo, o a un giustiziato, per abbreviargli l’agonia; fig., quanto serve a dare l’ultimo tracollo, ciò che finisce di perdere qualcuno, o che aggrava irrimediabilmente la situazione: quella notizia è stata per lui il colpo di grazia. d. Grazia si disse anticam. la riduzione del carico fiscale accordata ai contribuenti, e anche qualcosa di simile all’attuale concordato tributario tra fisco e contribuente. Giorni di grazia si dicono tuttora i giorni di dilazione fissati dagli usi o da convenzioni per il pagamento di una obbligazione scaduta. 4. Concessione straordinaria, e spesso miracolosa, che Dio fa all’uomo o che le creature celesti ottengono da Dio per l’uomo con la loro intercessione: una g. di Dio, della Madonna, di sant’Antonio, del cielo; chiedere una g. alla Vergine, a san Gennaro; ottenere una g.; ha avuto una g.; Iddio gli ha fatto la g. di guarirlo; se Dio mi fa la g. di vivere fino allora (qui con uso estens.: mi concede o sim.); Madonna delle G., uno degli attributi della Vergine per le molte grazie che fa ai devoti; Donna, se’ tanto grande e tanto vali, Che qual vuol grazia e a te non ricorre, Sua disïanza vuol volar sanz’ali (Dante); per grazia di Dio e per volontà della nazione, formula che, in documenti ufficiali, posta dopo il nome del sovrano, attribuisce a Dio e al popolo l’origine del suo diritto di regnare. Ha sign. meno solenne in locuzioni del linguaggio com.: io non ho la g. di essere, di avere, di sapere, ecc.; domani, per g. di Dio, è vacanza; fam., grazia di Dio, quanto serve a soddisfare i bisogni dell’uomo, e spec. la roba da mangiare: in quella casa c’è ogni g. di Dio; quanta g. di Dio andata a male!; buttar via, straziare la g. di Dio, buttar via la roba, o non darsene cura, in modo che vada a male e nessuno ne goda; troppa g.!, e più spesso troppa g., sant’Antonio!, a proposito di beneficio che, concesso in misura eccessiva, finisce con l’esser molesto (o sim.). 5. Gratitudine, riconoscenza, nelle locuz. (ormai ant.) sapere grazia, avere grazia a qualcuno; più com. rendere grazia o grazie, esprimere a parole la propria riconoscenza per beneficio ricevuto; rendere grazie a Dio, fare un solenne rendimento di grazia a Dio (con funzioni religiose). Nel plur., è espressione comunissima per ringraziare (v. grazie). 6. Con varie accezioni, nella locuz. prepositiva in grazia di, con l’aiuto, per opera di, per merito di: ha raggiunto quel grado in g. delle sue relazioni; è stato liberato in g. mia; è guarito in g. delle assidue cure che abbiamo avuto per lui; ha superato la prova in g. della sua tenacia; per un riguardo a: mi son fermata di più, appunto in g. vostra (Manzoni); tenendo conto di: gli perdono tutto, in g. della sua ingenuità. Raro e ant., in g. d’esempio, per esempio (modellato sul lat. exempli gratia). 7. Al plur. e con iniziale maiuscola, Grazie, nome (lat. Gratiae) delle divinità chiamate dai Greci Càriti (v.): i doni delle G., la bellezza, la leggiadria; letter., sacrificare alle G., esprimersi con ricerca di effetti stilistici, compiacersi, nello stile, di bellezze puramente formali. Anche, l’opera che rappresenta, in pittura o scultura, queste divinità: le G. del Canova. In tono scherz., con riferimento a tre ragazze carine: ecco le tre G. (anche iron., con riferimento a ragazze o donne che pretendano di essere belle ma non lo siano affatto). ◆ Dim. graziétta, graziettina (soprattutto per indicare le maniere aggraziate, i vezzi e sim.); dim. e spreg. graziùccia, una concessione, un favore da poco; pegg. graziàccia (sinon. di malagrazia).