grossezza
grossézza s. f. [der. di grosso1]. – 1. L’estensione più o meno grande di un corpo, in una o in tutte le sue dimensioni, in senso per lo più generico e approssimativo, senza cioè riferirsi a particolari misure, e con riguardo al suo volume: la g. di una pietra, di un frutto; avere la g. (o essere della g.) di un cece, di una noce, di un elefante; o allo spessore: la g. di un libro, di un cartone, di un panno; o, quando si tratti di oggetti più o meno cilindrici, al diametro: una fune di sufficiente, di notevole g.; un bastone di questa g.; la g. di un albero, di un filo, di un dito. 2. In senso assoluto, la condizione di ciò che è grosso, che ha cioè dimensioni notevoli o maggiori dell’ordinario: la g. della pelle rende il rinoceronte difficilmente vulnerabile; la g. del ventre di un idropico. Riferito a corsi d’acqua, gonfiezza: la g. del fiume faceva temere uno straripamento. Per estens., di liquidi, densità; dell’aria, pesantezza (contrario di finezza). 3. fig. a. Rozzezza, ottusità di mente; grossolanità, volgarità: questo procede da una certa g. di spiriti obtusi (B. Castiglione); per grossezza di giudizio o per malvagità (Leopardi); ant., vivere in grossezza, in uno stato d’ignoranza, di ottusità: costoro sempre come bestie in g. vivono, d’ogni dottrina disperati (Dante); e così nella sua g. si rimase e ancor vi si sta (Boccaccio). b. non com. Con riferimento all’udito, durezza, sordità. c. ant. G. d’animo, o assol. grossezza, rancore, astio, malanimo.