gusto
s. m. [lat. gustus -us; nel sign. 3 b, deverbale di gustare]. – 1. Uno dei cinque sensi di cui l’uomo è dotato: è il senso specifico esercitato attraverso gli organi gustativi o organi del g. (papille contenute nelle varie parti della cavità orale, nervo glossofaringeo, corda del timpano), per mezzo del quale viene riconosciuto e controllato il sapore delle sostanze introdotte nel cavo orale. Locuzioni: stuzzicare il g.; piacere, dispiacere al g.; perdere, riacquistare il g.; g. fine, acuto, delicato; g. ottuso, grossolano, guasto; cibo gradito, piacevole al g.; medicina intollerabile al gusto. 2. Sapore: cioccolatini di g. squisito; caramelle al g. di lampone; minestra di poco g.; questo caffè ha uno strano g.; sentire, distinguere il g. dei cibi. 3. estens. a. Soddisfazione, piacere che si prova assaporando cose buone, o che paiono buone: divorò tutto il pranzo con gran gusto. b. ant. Assaggio, anche in senso fig.: se la voce tua sarà molesta Nel primo g. (Dante). 4. Usi fig.: a. Piacere, sentimento di intima soddisfazione: ci ho g. a sentire che anche lui è nei guai; vorrei prendermi il g. di una rivincita; a che cosa servono gli amici se non a ridarci il g. della verità? (Ennio Flaiano); se gli andasse a monte l’affare ci avrei proprio un g. matto; che g. ci provi a stuzzicarlo?; che g. c’è a star qui sotto la pioggia?; non c’è g. a guardare gli altri che si divertono; provi davvero g. a stuzzicarmi?; cominciare a prendere g. a qualche cosa o a dire, a fare qualcosa, cominciare a provarne piacere e a farci l’abitudine. Nelle esclam. che gusto!, sai che gusto!, che bel g.! e sim., indica grande soddisfazione e piacere o, più comunem., per antifrasi, mancanza di interesse, disapprovazione e sim.: passare la serata con quelle due vecchie mummie, sai che gusto! b. Desiderio, voglia, capriccio: mi è venuto il g. di andare a ballare; levarsi il g. di qualche cosa; L’animo mio, per disdegnoso gusto, Credendo col morir fuggir disdegno, Ingiusto fece me contra me giusto (Dante). c. Modo personale e soggettivo di vedere, giudicare e apprezzare le cose, soprattutto con riguardo alle inclinazioni, ai desiderî, alle simpatie individuali (usato soprattutto al plur.): ognuno ha i suoi g.; è questione di gusti; tutti i g. son gusti (prov.); sui g. non si discute (traduz. della frase latina de gustibus non est disputandum [v.]); che gusti!, che razza di gusti! e sim., esclam. che sottolineano la propria riprovazione delle preferenze altrui; il film è di tuo g.?, ti piace, asseconda le tue inclinazioni?; tutto ciò non è di mio g., non mi piace, non mi va a genio; secondo il mio g. farei così, secondo il mio modo di vedere le cose. d. Capacità di intendere, riconoscere e apprezzare il bello, e spec. la bellezza dell’arte: g. del bello, g. estetico; avere g. per l’arte, per la poesia, per la pittura, per la musica; formarsi, educare, affinare, corrompere il g.; scrive correttamente, ma senza g.; g. fine, delicato, corrotto; g. naturale, educato; buon g. (v. anche buongusto), cattivo g.; usato assol., s’intende buon gusto: una persona piena di g., priva di g., senza g.; ha g. da vendere; ma non hai proprio gusto!; e così nella locuz. aggettivale di gusto: persona di g., di molto g.; arredamento, vestito, abitazione di gusto. Anche, eleganza, raffinatezza, stile, nel modo di vestire, di arredare gli ambienti in cui si vive, e di comportarsi in genere: vestire con g., con vero g., con g. sobrio, con g. ricercato; un appartamento arredato con g., con buon g.; il g. della nuova casa è discutibile. Come locuz. agg., di cattivo g., di dubbio g., di pessimo g. (o, al contrario, di buon g., di g. squisito), di cosa, comportamento e sim. che offende (o rispetta) il senso estetico, oppure la forma, le convenienze: oggetti, ornamenti, abiti di cattivo g.; parole, scherzi di dubbio g., di pessimo gusto. e. Più genericam., stile, maniera, modo: il disegno è eseguito col g. del secolo scorso; ricevimento di g. provinciale; ambiente arredato con g. barocco, borghese. f. Nel linguaggio della critica letteraria e artistica, l’insieme delle preferenze, delle tendenze, degli orientamenti, dei miti, ecc., proprio della cultura di un’età o di un periodo (dal punto di vista di chi «gode», cioè fruisce, delle opere d’arte), oppure le tendenze di una scuola artistica o letteraria, o anche d’un singolo artista: il g. dell’Ottocento; g. neoclassico, romantico, verista, decadente; il g. della poesia pura, del «frammento». 5. Frequente, con valore avverbiale, la locuz. di gusto, con vero piacere, con viva soddisfazione: mangiare, bere di g.; ridere di g.; in altre circostanze, avrebbe riso, proprio di gusto, d’una richiesta simile (Manzoni). TAV.