h, H
(acca) s. f. o m. – Ottava lettera dell’alfabeto latino, nel quale indicava, come già originariamente in greco (dove in seguito venne sostituita dallo spirito aspro ῾), la fricativa laringale. L’aspirazione in latino però era molto debole e presto andò perduta, nonostante la resistenza dei grammatici; le lingue romanze non ne conservano alcuna traccia ereditaria. Tuttavia l’uso etimologico della lettera h è rimasto nell’ortografia delle voci d’origine latina in alcune delle più importanti lingue moderne, sia romanze sia d’altro ceppo; anche nell’italiano del Rinascimento, mentre oggi lo è in misura modestissima. Accanto alla semplice h le stesse lingue hanno conservato o conservano tuttora i digrammi etimologici ph, th, ch, introdotti da principio nell’ortografia latina per rendere le aspirate greche ϕ ‹ph›, ϑ ‹th›, χ ‹kh›, ma ben presto ridotti a doppioni di f, t, c rispettivamente. Così, per es., alle voci italiane elio, cloro, filosofo, teologo corrispondono le francesi hélium ‹eli̯òm›, chlore ‹klòor›, philosophe ‹filo∫òf› theologue ‹teolòġ›. Oltre a questi digrammi d’origine latina, molti altri ne sono stati formati durante il medioevo nell’adattamento dell’alfabeto latino alla fonetica delle lingue romanze e germaniche, per rispondere a nuove esigenze strutturali; per es., in italiano, ch ‹k›, gh ‹ġ›; in francese ch ‹š›; in spagnolo ch ‹č›; in portoghese, ch ‹š›, lh ‹l’›, nh ‹n’›; in inglese ch ‹č›, sh ‹š›; in tedesco ch ‹kħ, h’› e il trigramma sch ‹š›, e via dicendo. Per quanto riguarda più particolarmente l’italiano, questo non possiede un fonema h, come non lo possiedono le altre lingue romanze; non ha rilievo il fatto che un suono h ricorra in alcune interiezioni o si trovi in questo o quel dialetto; e d’altra parte il cosiddetto c aspirato fiorentino non è un fonema a sé ma una variante, in posizione intervocalica, dell’occlusiva velare sorda. Come segno grafico l’h compare in parole italiane nei casi e coi valori che seguono: 1) quale componente dei digrammi ch e gh, dove serve a indicare il suono occlusivo velare del c e del g davanti alle vocali e, i: suono rappresentato in ogni altra posizione (davanti alle vocali a, o, u; davanti a consonante; in fine di parola) rispettivamente dal semplice c o g; 2) quale segno caratteristico di parecchie interiezioni, con valori diversi, ora rappresentando una vera e propria h aspirata (es. ha ‹ha›, ehm ‹’m›), ora contraddistinguendo una particolare pronuncia di una vocale o consonante contigua (es. ah ‹a›, uhm ‹m›), ora semplicemente richiamando l’attenzione sulla natura dell’interiezione o distinguendola da parole omografe (es. ahi ‹ài›, ahimè ‹aimè›, scritto anche aimè); 3) quale residuo etimologico nelle quattro voci ho, hai, ha, hanno del verbo avere (ormai disus. le forme senza h, sostituita dall’accento grave sulla vocale seguente: ò, ài, à, ànno), e in pochi e rari nomi di luogo (es. Rho, Santhià, Thiene) e cognomi (es. Hercolani, Hortis, Theodoli). L’uso dell’h etimologica, che i testi volgari dei primi secoli non presentano quasi mai nelle parole dissimili dal latino (es. abbia, avere) e presentano con molta incostanza nelle altre (es. ora e hora, onore e honore), si diffuse largamente con l’umanesimo nei sec. 15° e 16°. La reazione cominciò fin dal sec. 16°, pur tra resistenze vivaci (l’Ariosto diceva: «Chi leva la h all’huomo non si conosce huomo, e chi la leva all’honore non è degno di honore»); la regola della Crusca, di mantenere l’h etimologica soltanto nelle quattro voci ho, hai, ha, hanno del verbo avere, s’impose definitivamente in Toscana col sec. 17°, nel resto d’Italia col 18°. Usi più comuni della lettera h, H come abbreviazione o simbolo: nelle targhe automobilistiche, H è la sigla dell’Ungheria (Hungaria); in biochimica, vitamina H, la biotina (o vitamina antiseborroica), contenuta tra l’altro nel tuorlo d’uovo e nel fegato; in chimica, H è il simbolo dell’elemento idrogeno (e bomba H è detta la bomba a idrogeno); in fisica, h minuscola indica la costante di Planck (e con un taglio trasversale obliquo, ℏ, è simbolo della costante di Planck razionalizzata, ossia h divisa per 2π); in matematica, h è simbolo di «iperbolico» (per es., nelle funzioni iperboliche: senh, cosh, ecc.), e in geometria è simbolo dell’altezza (per es., b × h = base per altezza). In metrologia ha varî usi: minuscola, e scritta per lo più a esponente, è, per abbreviazione del lat. hora, simbolo dell’ora, unità di misura del tempo (per es., 10h 40m, che si legge «dieci ore e quaranta minuti»); anteposta ad altro simbolo di un’unità di misura, si legge etto- e ne moltiplica il valore per 100 (così hg, ettogrammo; hm, ettometro; hl, ettolitro); nella grafia maiuscola, H è simbolo, in elettrologia, dell’henry, unità di misura di induttanza. Nel codice alfabetico internazionale, la lettera h viene convenzionalmente identificata dalla parola hôtel.