hater
s. m. e f. Chi, in Internet e in particolare nei siti di relazione sociale, di solito approfittando dell’anonimato, usa espressioni di odio di tipo razzista e insulta violentemente individui, specialmente se noti o famosi, o intere fasce di popolazione (stranieri e immigrati, donne, persone di colore, omosessuali, credenti di altre religioni, disabili, ecc.). ♦ Ora l'odio virtuale sposa la struttura del social network. Così fortunata nella sua versione "buona" da sedurre anche gli hater, odiatori professionisti che si divertono a screditare l'immagine di personaggi pubblici, sfociando spesso nella diffamazione, ma anche privati, trasformando il loro operato in una sorta di bullismo. (Benedetta Perilli, Repubblica.it, 25 maggio 2009, Tecnologia) • Instagram mette un freno agli haters, consentendoci di bloccare preventivamente commenti volgari, molesti, spiacevoli. Sul blog, il ceo Kevin Syntrom ha annunciato che da oggi è infatti possibile impedire agli utenti di lasciare post inappropriati alle proprie fotografie attivando un apposito filtro. (Redazione Lifestyle, Vanity Fair.it, 13 settembre 2016, Tecnologia) • L’autore napoletano [Roberto Saviano, ndr] sembra proporre un approccio orientale al bubbone dell’odio online. Quasi da judoka: “Gli haters sono come la merda, concimano. Quando c’è un hater lo uso come concime, devi sfruttare la sua violenza a tua favore” dice nell’intervista. Il suggerimento non è sbagliato, anche se forse è ancora un passo indietro rispetto a una presa di coscienza risolutiva. Chi vomita odio e violenza pubblicando ciò che mai avrebbe il coraggio di esprimere a voce dovrebbe essere trasparente, non dovremmo neanche avere bisogno di attribuirgli un qualche termine di paragone, fosse anche di genere agreste. (Simone Cosimi, Wired.it, 12 aprile 2017, Televisione).
Dall’ingl. (internet) hater (‘chi fa discorsi di odio [in Internet]’).