high care
loc. agg.le inv. Dotato di assistenza e di apparecchiature in grado di assicurare cure sanitarie specializzate. ◆ «L’esperienza testimonia che il malato viene trattenuto in ospedale troppo a lungo e anche nel letto sbagliato. Oggi, ci sono almeno tre livelli di cure: l’intensiva, l’high care come la definiscono gli anglosassoni, cioè la degenza vera e propria, e la low care che equivale al periodo della convalescenza vigilata. Da noi, molto spesso il malato occupa più a lungo del necessario un letto destinato alla cura intensiva che raramente deve durare più di due, tre giorni. Quel letto costa, come gestione, sette, otto volte di più. […] Si deve rendere la degenza più intelligente» [Renzo Piano intervistato da Guido Vergani]. (Corriere della sera, 22 marzo 2001, p. 10, Cronache) • A distanza di poco più di un anno ora si parla di un nuovo progetto per Niguarda che prevede la demolizione di almeno 6 padiglioni e la creazione di due piastre da 350 posti letto l'una (una per «high care», l’altra per «low care») e perdita complessiva di circa 300 posti letto per acuti. (Stampa, 19 dicembre 2002, Milano, p. 2) • I nuovi modelli ospedalieri, già illustrati a suo tempo da Umberto Veronesi quando era ministro della Sanità, prevedono due tipi di assistenza. La prima è quella «high care» con tecnologie avanzate e degenze di pochi giorni ad alto grado di assistenza. La seconda, la «low care» appunto, avviene fuori dalle corsie mediche e chirurgiche ma deve garantire tutta l’assistenza necessaria al malato. (Laura Asnaghi, Repubblica, 20 aprile 2008, Milano, p. 12).
Espressione ingl. composta dall’agg. high (‘alto, grave, serio’) e dal s. care (‘cura’).
Già attestato nella Repubblica del 21 novembre 2000, p. 30, Cronaca (Roberto Fuccillo).
V. anche low care.