ictus
s. m., lat. (propr. «colpo, battuta»; pl., raro, ictus). – 1. Nella terminologia dei metricisti classici, il segno indicante la maggiore intensità di accento propria dell’arsi di un piede o di un metro e, talvolta, anche l’intensità stessa di accento. Oggi, non essendo più ammessa l’esistenza di tale intensità nella metrica classica più antica, il termine è convenzionalmente usato per indicare l’arsi. 2. a. In musica (non com.), il tempo forte, cioè accentato, della battuta. b. In linguistica, sinon. poco com. di accento d’intensità (o accento tonico). 3. Nel linguaggio medico, accesso o colpo apoplettico da emorragia cerebrale, o anche, talora, fenomeno accessionale d’altra sede e natura (i. laringeo, i. bronchiale, ecc.). Con altra accezione, il battito cardiaco apicale, ossia l’urto sistolico della punta del cuore contro la parete toracica, più spesso indicato con la locuz. lat. ictus cordis.