immergere
immèrgere v. tr. [dal lat. immergĕre, comp. di in-1 e mergĕre «tuffare»] (io immèrgo, tu immèrgi, ecc.; pass. rem. immèrsi, immergésti, ecc.; part. pass. immèrso). – 1. a. Mettere un corpo dentro un liquido: i. le mani, un bastone nell’acqua, la pellicola nell’acido; rifl.: immergersi nella vasca, nel fiume, nelle onde. In partic., nel linguaggio marin., aumentare l’immersione di un galleggiante, con l’accrescerne il peso imbarcando carichi, o mettendo in comunicazione col mare compartimenti interni (metodo, quest’ultimo, che si attua nelle navi subacquee, cioè in partic. nei sommergibili, allagando apposite casse). Con sign. analogo nel rifl., riferito al galleggiante: il sommergibile s’immerse lentamente. b. Di armi bianche, cacciarle con forza nel corpo sino all’impugnatura: E ’l ferro ne le viscere gli immerse (T. Tasso). 2. Per estens., nel rifl., penetrare in un ambiente, in uno spazio, ecc., in modo da esserne interamente avvolto (anche con accezioni specifiche in astronomia e nella matematica: cfr. immersione nei sign. 3 e 5). Di persona, scomparire alla vista avanzando nel buio e sim.: immergersi nelle tenebre, nella nebbia; Ei s’immerge ne la notte, Ei s’aderge in vèr le stelle (Carducci). In senso fig.: immergersi nel sonno, addormentarsi profondamente; anche, darsi interamente a un’occupazione, a un’attività intellettuale, trascurando ogni altra cosa: immergersi nei piaceri (più com. tuffarsi, sprofondarsi), immergersi nello studio, nella lettura, nella meditazione, in un calcolo. 3. Con uso intr. (aus. essere), in geologia, avere pendenza, dirigersi in basso, con riferimento a strati (di solito seguito dall’indicazione della direzione o dei valori della pendenza): strato che immerge di 45° verso sud-est. ◆ Part. pass. immèrso, anche come agg.: scafo immerso nell’acqua; paese immerso nelle tenebre, nel silenzio; persona immersa nel sonno, nei proprî pensieri; giocatore immerso nei debiti fino ai capelli; sentivo però, con la voce misericordiosa della vita, che qualcosa, qualcosa sarebbe accaduto a rompere quella sorta di maleficio in cui mi trovavo immerso (Goffredo Parise).