imprimatur
v. lat. [3a pers. sing. del cong. pres. passivo di imprimĕre, nel sign. mod. di «stampare»; quindi «si stampi»], usato in ital. come s. m. – Parola apposta dal competente vescovo, o più spesso per delega dal suo vicario generale, a un libro o foglio stampato che gli sia stato sottoposto per la censura ecclesiastica e sia da lui approvato; può essere stampata in principio o alla fine del libro. Quindi, l’approvazione espressa con tale termine: apporre, negare, ottenere l’imprimatur; talora usato con senso estens., scherz., nel senso di approvazione, consenso (sempre con riferimento alla stampa): ha ottenuto finalmente l’i. del direttore della rivista per il suo articolo; più raram., l’autorizzazione o il beneplacito accordati da un’autorità politica o da un dirigente a un’impresa, a un’iniziativa, e sim.