indulgere
indùlgere v. tr. e intr. [dal lat. indulgēre, di origine incerta] (io indulgo, tu indulgi, ecc.; pass. rem. indulsi, indulgésti, ecc.; part. pass. indulto). – 1. tr., ant. Concedere benignamente: la virtù che lo sguardo m’indulse (Dante), il potere, la facoltà straordinaria che gli occhi di Beatrice infusero in me; quella a cui dal cielo indulto Tanta virtù sarà (Ariosto). Con accezione più partic., giudicare benevolmente, senza severità (cfr. indulgente): lietamente a me medesma indulgo La cagion di mia sorte, e non mi noia (Dante). 2. intr. (aus. avere) Acconsentire, essere condiscendente, secondare: i. ai capricci dei bambini, alle richieste dei dipendenti. Per estens., non opporre resistenza, abbandonarsi, lasciarsi trasportare dalle proprie inclinazioni, e simili: i. alla passione del gioco, del bere; indulge spesso ad atteggiamenti oratorî; Fauno primigenio, Fiero cantava nell’ima Valle, indulgendo al suo genio (Pascoli). ◆ Part. pres. indulgènte, solo come agg. (v. la voce).