infinito
agg. e s. m. [dal lat. infinitus, comp. di in-2 e finitus, part. pass. di finire «limitare»]. – 1. agg. a. Che non ha principio né fine; che non ha limiti: il tempo i.; lo spazio i.; la misericordia di Dio è i.; i. silenzio (Leopardi). Sostantivato, per antonomasia, l’Infinito, Iddio. b. Che non termina, che si protrae senza limiti: la serie dei numeri naturali è infinita. c. Con sign. più generico, e spesso iperb., innumerevole, immenso, grandissimo: un sasso Che distingua le mie dalle infinite Ossa che in terra e in mar semina morte (Foscolo); incontrare i. difficoltà; soffrire i. dolori; c’è una distanza i., grandissima (in sé o relativamente ad altre distanze); la distesa i. del mare; con lui ci vorrebbe una pazienza i.; i. grazie, o grazie i., formula usuale di ringraziamento. 2. s. m. a. In senso ampio, l’infinito, lo spazio dalle dimensioni illimitate, il tempo senza confini, l’immensa grandezza del cosmo: il concetto dell’i.; Dio, che solo con la infinita capacitade infinito comprende (Dante); come locuz. avv., in infinito, sempre, senza fine: la sua fama è destinata a crescere in infinito; per la locuz. all’i., v. oltre. b. Nel pensiero filosofico e scientifico, il concetto di infinito ha oscillato tra le due definizioni formulate da Aristotele: l’i. potenziale (o i. sincategorematico), ciò di cui si può prendere sempre e solo una parte, non sostanza quindi ma processo, la cui esistenza è implicata dalla non esauribilità delle grandezze sottoposte alle operazioni dell’aggiunta di una parte sempre nuova e della divisione in parti sempre nuove (tale nozione è fondamentale nell’analisi matematica, in quanto l’infinito è qui oggetto di calcoli positivi come limite di certe operazioni sulle grandezze e sui numeri); e l’i. attuale (o i. categorematico), che sarebbe invece una qualità o sostanza, considerato spesso con sospetto per le difficoltà e le contraddizioni che sembrava comportare (per es., le antinomie concernenti la parte e il tutto nelle classi infinite, cioè i cosiddetti paradossi dell’i., v. paradosso1, n. 2 a), e comunque inteso come una vera grandezza, anche se di tipo particolare, caratteristica degli insiemi infiniti studiati dalla moderna teoria degli insiemi. c. Nell’analisi matematica, si dice che una funzione y = f(x) della variabile reale x tende all’i. (positivo), per x tendente a un dato valore x0, quando, fissato un numero H positivo grande quanto si vuole, può sempre trovarsi un numero δ positivo tale che, per tutti i valori di x che differiscono da x0 per meno di δ, il valore della funzione sia più grande di H. Il concetto di infinito in matematica (ma anche in geometria e in altre discipline) è indicato con il simbolo ∞, formatosi per deformazione delle prime due lettere del latino aequalis «uguale» (e infatti adoperato in un primo tempo per indicare l’uguaglianza). 3. Nella teoria degli insiemi, un insieme si dice infinito quando non si può porre in corrispondenza biunivoca, elemento per elemento, con un insieme finito, mentre può porsi in corrispondenza biunivoca con una propria parte (per es., si può porre in corrispondenza biunivoca l’insieme infinito dei numeri interi con il suo sottoinsieme formato dai numeri pari facendo corrispondere a ogni intero n il suo doppio 2n). Numeri i. (o meglio transfiniti), i numeri che, una volta introdotta la nozione di diversi ordini di infinità, permettono di classificare gli infiniti in ordine crescente di potenza: il più piccolo di tali ordini è la potenza del numerabile, ossia quella dell’insieme dei numeri naturali; quello successivo è la potenza del continuo, caratteristica dell’insieme dei numeri reali, dell’insieme dei punti di una retta o del piano; ecc. 4. All’infinito, locuz. avverbiale (o anche aggettivale) usata con varî sign.: a. Nel linguaggio com., infinite volte, senza limiti, per lunghissimo tempo, e sim.: ripetere all’i. la stessa cosa; moltiplicare, aumentare all’i.; data la lentezza con cui procede, l’opera andrà avanti all’i.; protrarre, continuare all’infinito. b. In geometria, elementi all’i., sinon. di elementi improprî; in partic., nella geometria proiettiva, punto all’i. di una retta, la sua direzione; retta all’i. di un piano, la sua giacitura; piano all’i. dello spazio, l’insieme dei punti e delle rette all’infinito. c. In fisica e nella tecnica, la locuz. è spesso usata, oltre che nel sign. rigoroso della matematica, per indicare che una grandezza ha un valore, in assoluto tutt’altro che infinitamente grande, molto maggiore di quello di altre grandezze, omogenee con essa, che compaiono nel problema in esame; si parla così, in partic., di oggetti all’i. (o, con sign. equivalente, di distanza i.) per indicare la posizione di oggetti, di punti dello spazio, e sim., la cui distanza da particolari enti di riferimento sia molto grande rispetto ad altre lunghezze o distanze significative: per es., in ottica, per oggetti la cui distanza da un sistema ottico sia molto maggiore della distanza focale del sistema (così, nell’uso com., mettere all’i. l’obiettivo, e sim.); in elettrologia, per punti la cui distanza dalle cariche che generano un campo elettrico è sufficientemente grande perché in essi si possano considerare trascurabili le azioni del campo. 5. In linguistica, modo i. (o assol. infinito s. m.), forma del verbo italiano, e di tutte le lingue europee, determinata nel tempo – che può essere presente (andare) o passato (essere andato), e in alcune lingue, come il latino (iturum esse), anche futuro – ma indeterminata nella persona e nel numero, che esprime puramente il processo verbale astratto. I. sostantivato, l’infinito adoperato con funzione di sostantivo (per es., «riconoscere qualcuno dall’andare», cioè dal suo modo d’incedere), e talora divenuto vero e proprio sostantivo (il piacere, il dispiacere, il volere, il potere, il parere, ecc.), con possibilità di formare anche il plurale (i piaceri, ecc.). I. storico o narrativo o descrittivo, in stilistica, l’uso dell’infinito che, spec. nelle lingue classiche, può subentrare al posto dei tempi passati dell’indicativo nel contesto di una narrazione, per dare maggiore concitazione ed evidenza realistica al racconto. Accusativo con l’i., particolare costrutto sintattico, proprio soprattutto del latino e del greco (v. accusativo). In senso più ampio, si chiamano modi i., o indefiniti, tutte le forme non finite del verbo (infinito, participio, gerundio, e, in latino, gerundivo e supino), con funzione intermedia tra nominale e verbale, delle quali è caratteristica pressoché generale l’indeterminazione della persona. Avv. infinitaménte (v. la voce).