innovazione
innovazióne s. f. [dal lat. tardo innovatio -onis]. – 1. a. L’atto, l’opera di innovare, cioè di introdurre nuovi sistemi, nuovi ordinamenti, nuovi metodi di produzione e sim.: la nostra società richiede una profonda i., o, al plur., profonde i.; i. politiche, sociali, economiche. b. In senso concr., ogni novità, mutamento, trasformazione che modifichi radicalmente o provochi comunque un efficace svecchiamento in un ordinamento politico o sociale, in un metodo di produzione, in una tecnica, ecc.: un’i. felice, ricca di conseguenze e di risultati; le i. sinora introdotte si sono dimostrate insufficienti; proporre, progettare, tentare innovazioni; i. tecnologica; i. organizzativa (in un’azienda); incentivare le i. dei processi produttivi; anche in particolari meccanismi o prodotti dell’industria: nell’ultimo modello sono state apportate interessanti innovazioni. 2. Con sign. specifico, in linguistica, ogni cambiamento fonetico, morfologico, lessicale, sintattico, che ha inizio in un dato punto di un’area linguistica ad opera di un individuo o di un particolare ambiente sociale, e che s’irradia quindi in altre parti dell’area o in aree vicine, venendo a contrasto di volta in volta con la situazione o le situazioni precedenti e superandole in grazia del prestigio di cui gode il centro innovatore. Un esempio di innovazione fonetica è in latino il mutamento del dittongo au in o: lat. class. auricula, lat. volg. oricula; di innovazione morfologica è la sostituzione in latino del futuro del tipo amabo «amerò» con il futuro perifrastico del tipo amare habeo (da cui poi l’ital. amerò); di innovazione lessicale è la sostituzione di caballus a equus «cavallo»; di innovazione sintattica è l’uso, nel latino parlato, di un elemento dimostrativo (per es. ille) in funzione di articolo (ital. il). 3. In botanica, giovane ramo di muschi e di altre piante inferiori; nelle spermatofite, sono innovazioni i germogli e particolarm. quelli basali delle graminacee.