insensato
agg. [dal lat. tardo insensatus, comp. di in-2 e sensatus «sensato»]. – 1. a. Di persona che opera senza senno o con poco senno, che per abito mentale o per influenza di fatti esterni non è capace di valutare le cose nella loro gravità o importanza, e agisce perciò in modo irragionevole, o imprudente, o contrario al buon senso, col pericolo talora di danneggiare sé (anche moralmente) o altri: era reso i. dalla passione, dal furore, dalla disperazione. Spesso sostantivato: sei un i. a tenere questa velocità; operare, parlare da insensato; un uomo in camicia, seduto in terra, con le spalle appoggiate a una siepe di gelsomini, in un’attitudine d’i. (Manzoni). b. estens. Riferito agli atti, ai sentimenti, alle parole, che rivelano scarsezza di senno, incoscienza, irragionevolezza: darsi a spese i.; fare discorsi i.; è stata una risoluzione i., la sua; O i. cura de’ mortali, Quanto son difettivi silogismi Quei che ti fanno in basso batter l’ali! (Dante). 2. letter. Privo di sensibilità, di vita: Racconto il dolor mio A l’i. riva (Marino). Poco com., di persona, fuori di sé, privo di sensi, stordito: stava immobile, fissandomi come insensato. ◆ Avv. insensataménte, in modo insensato: parlare, agire insensatamente.