intermezzo
intermèżżo s. m. [rifacimento di intermedio, secondo l’agg. mezzo]. – 1. a. Intervallo, spazio di tempo che serve di pausa tra un atto e l’altro d’una rappresentazione teatrale o d’uno spettacolo in genere. b. non com. Con sign. più generico, pausa, intervallo in un’azione: Né riposato o fatto altro intermezzo Aveano alle percosse furibonde Questi guerrier (Ariosto; cioè: «né questi guerrieri aveano riposato o fatto ecc.»). 2. Breve spettacolo o azione scenica, di carattere leggero e vario, che serve a riempire gli intervalli fra un atto e l’altro o fra due quadri successivi di una rappresentazione drammatica o di un’opera lirica, soprattutto in uso dal sec. 16° al sec. 18°; analogam., nell’uso odierno, i. radiofonico, i. televisivo. In partic., in musica, il termine indicò dapprima un brano comico o farsesco in 2 o 3 parti inserito tra un atto e l’altro di un’opera seria, che, acquistando in seguito una propria autonomia rappresentativa con caratteri simili al dramma giocoso e all’opera comica, ebbe un ruolo importante nella genesi dell’opera buffa italiana; dal sec. 19° in poi, esso divenne anche sinon. di interludio, solitamente posto fra due atti o fra due quadri di un’opera lirica: l’i. della «Cavalleria rusticana». 3. estens. Componimento o serie di componimenti poetici, che segna il passaggio, contenutistico o stilistico, fra due opere o parti di un’opera. Anche come titolo: Intermezzo, titolo dato da G. Carducci a un gruppo di dieci poesie (1874-1887), in quanto da lui considerate come il passaggio dai Giambi ed Epodi alle Rime nuove e alle Odi barbare; Intermezzo di rime, titolo di una raccolta di poesie di G. D’Annunzio (1884). 4. non com. Piatto di mezzo fra due portate (sinon. di tramesso).