interpolazione
interpolazióne s. f. [dal lat. interpolatio -onis; v. interpolare2]. – 1. a. Nella critica dei testi, qualunque consapevole alterazione del testo, frequente nei classici e dovuta alla tendenza dell’amanuense a semplificare o banalizzare la sintassi o il lessico del suo autore, e nelle cronache medievali al desiderio di inserire dati ritenuti interessanti o comunque pertinenti. In senso più ristretto, l’aggiunta di elementi originariamente estranei (spiegazioni o note o aggiunte intenzionali marginali), introdotti da successivi amanuensi nel corpo del testo. Nelle scienze giuridiche, qualsiasi alterazione, consistente in aggiunte, omissioni o sostituzioni, subìta dai testi giuridici da parte sia di commissioni legislative sia di commentatori e interpreti; di particolare importanza per la storia del diritto romano quelle apportate alle fonti giuridiche classiche dai compilatori del Corpus iuris civilis di Giustiniano. b. In senso concr., la parola o la frase interpolata nel testo: riconoscere, espungere le i.; un manoscritto pieno di evidenti i.; il passo non è autentico, è certo un’interpolazione. 2. In matematica, procedimento più o meno rigoroso mediante il quale, partendo da alcuni valori noti di una grandezza o funzione in un certo intervallo, si stimano altri valori dello stesso intervallo (il procedimento di stima si chiama invece estrapolazione quando riguarda i valori della grandezza esterni all’intervallo contenente i valori noti): i. lineare, quella ottenuta per mezzo di segmenti congiungenti i punti da interpolare; i. di secondo grado (o quadratica), di terzo grado (o cubica), ecc., quelle in cui i punti sono uniti da curve che rappresentano, rispettivam., polinomî di secondo, terzo grado, ecc. I. grafica, interpolazione effettuata tracciando a occhio, o con l’ausilio di curvilinei, una curva che passi per i punti noti o tra i punti noti.