intervallo
s. m. [dal lat. intervallum, comp. di inter «tra» e vallus «palo»; propr. «spazio tra due pali»]. – 1. In senso locale, lo spazio, la distanza che intercorre fra due oggetti, fra due persone, fra due o più punti di riferimento: i. tra colonna e colonna; gli alberi sono piantati a intervalli di cinque metri l’uno dall’altro. Nello schieramento di soldati, ginnasti e sim., la distanza tra uomo e uomo, tra fila e fila, tra riga e riga, ecc.; nelle formazioni navali, la distanza tra due reparti che navigano ognuno in linea di fila. Nella costruzione navale, i. di ossatura, la distanza fra i piani di due consecutive ossature (o ordinate o coste), misurata parallelamente alla chiglia (è detta anche maglia). Nella composizione tipografica, lo spazio, maggiore dell’interlineatura normale, che talvolta si lascia tra successivi capoversi o che si rende necessario per distanziare i titoli, sottotitoli, ecc. 2. a. Con riferimento temporale, lo spazio di tempo che separa due fatti o si frappone in una serie di manifestazioni: l’i. fra un atto e l’altro, fra la prima e la seconda parte, fra il primo e il secondo tempo, in lavori teatrali, in proiezioni cinematografiche, in concerti, in trasmissioni radiofoniche o televisive, e – per la sola ultima frase – nelle partite di calcio (assol., intervallo, nelle trasmissioni televisive, breve pausa che s’interpone talvolta, per motivi tecnici o d’orario, fra due successivi programmi, e durante la quale, una volta, venivano proiettate immagini statiche di paesaggi e opere d’arte); l’i. tra due lezioni, nella scuola (assol., la pausa della ricreazione: ci vediamo nell’i.; è suonato l’i., e sim.); seguire, seguirsi, succedersi a i. regolari; nelle chiamate interurbane, il telefono squilla a i. più brevi; in acustica, i. di accomodamento, il tempo (circa 0,07 secondi) che deve passare perché l’orecchio percepisca un brusco aumento d’intensità di un suono. Con accezione partic., lucido i. (o anche i. di lucidità), espressione con cui sono indicate, nel linguaggio corrente, le episodiche remissioni di una malattia mentale o di un qualsiasi turbamento psichico; spesso scherz. o iron.: è sempre irritato e bisogna aspettare che abbia un momento di lucido i. per potergli parlare; anche di chi ha un momento di buon senso, essendone abitualmente privo. b. Per estens., ant., indugio, pausa in un’azione: abbiamo da passar anco quel monte, E qui non si può far troppo i. (Ariosto). 3. a. In matematica, nel suo sign. più semplice, sinon. di segmento di retta (euclidea) limitato da due punti detti estremi dell’intervallo. Nell’insieme dei numeri reali s’intende per intervallo, e più precisamente i. chiuso, di estremi a, b (con a minore di b), l’insieme dei numeri compresi tra a e b: centro dell’i., il numero (a + b)/2; ampiezza dell’i., il numero positivo b − a. b. Per estens., nel linguaggio scient. e tecn., l’insieme dei valori di una grandezza, limitato da due valori estremi (sinon. di campo, gamma e sim.): i. di temperature, i. di lunghezze d’onda, l’i. delle frequenze acustiche. In ottica, con riferimento a un sistema ottico centrato costituito da due sistemi componenti (per es., nel microscopio o in un cannocchiale composti di obiettivo e oculare), la distanza, misurata sull’asse ottico, fra il secondo fuoco del primo sistema e il primo fuoco del secondo sistema. Per l’i. di confidenza, in statistica, v. confidenza. 4. In musica, i. tra due suoni puri, la differenza tra le loro altezze, che in acustica viene espressa come rapporto tra le loro frequenze: i. di un tono, di un semitono, ecc.; nel sistema attualmente in uso, un intervallo si denomina numericamente in base alla sua ampiezza (i. di seconda, di terza, di quarta, ecc.), considerando le due note che formano l’intervallo nell’àmbito della scala diatonica, più quelle che sono tra esse comprese, per cui, per es., l’intervallo che separa do3 da fa3 è detto di quarta essendo esso compreso tra quattro note adiacenti: do3 - re3 - mi3 - fa3.