intrigare
v. tr. e intr. (io intrigo, tu intrighi, ecc.). – 1. Altra forma (soprattutto settentr.) per intricare, nei sign. di avviluppare insieme, arruffare, disordinare e sim.: i. una corda; mi si sono intrigati i capelli; e anche, ma con uso più esteso e più efficace, nei sign. di impacciare, ostacolare, dare impiccio, in senso proprio e fig.: tutto questo disordine m’intriga nel lavoro. 2. Con usi proprî: a. rifl. Impicciarsi, intromettersi, coinvolgersi, soprattutto in faccende poco chiare o che possono creare noie, fastidî: s’è intrigato in un brutto affare; in certe questioni è meglio non intrigarsi; nel linguaggio fam., e soprattutto con la negazione, è in genere sinon. di impicciarsi, immischiarsi: si sbroglino da sé, io non mi ci voglio intrigare; non v’intrigate dei fatti miei; ci si guadagna a non intrigarsi con quella gentaccia. b. intr. (aus. avere) Brigare, ordire copertamente imbrogli, maneggi e sim., per ottenere vantaggi di vario genere anche con danno d’altri, o comunque per fini non lodevoli: intrigava per avere il posto, la nomina, il premio; i. per far succedere scandali, per turbare la pace. c. Come tr., o con uso assol., avvincere suscitando interesse o curiosità (è un antico sign., rimesso in uso nel linguaggio letter. e giornalistico sull’esempio fr. e ingl.): un romanzo, un film che riesce a i. il lettore, lo spettatore. ◆ Part. pres. intrigante, anche come agg. e sost. (v. la voce). ◆ Part. pass. intrigato, anche come agg.: questione intrigata, un affare intrigato, arruffati, poco chiari, e pieni d’imbrogli (è più espressivo che intricato); è una faccenda, o ci troviamo in una situazione, veramente intrigata; di persona, essere intrigato in una faccenda, esserci coinvolto, implicato, o preso in modo da non sapere come uscirne.