intronare
v. tr. [der. dell’ant. truono, trono «tuono»] (io intròno, ant. io intruòno, ecc.). – 1. Offendere l’udito, stordire con forte rumore, con grida, ecc.: Cerbero ... ‘ntrona L’anime sì, ch’esser vorrebber sorde (Dante); il frastuono, il fermento continuo della città m’intronavano (Pirandello); i. gli orecchi, la testa, il cervello; il fragore dello scoppio m’intronò tutto; smettete di gridare tanto, che m’avete intronato. Intr., non com., rimanere stordito, intontito, anche non per rumore: l’ambasciadore quasi intronò di questa risposta (Sacchetti). 2. estens. a. Scuotere con forza, agitare come fa il tuono: un rimbombo che intronò l’aria. b. letter. Tramortire con colpi o percosse: diè un altro colpo che tutto lo ’ntronò (Andrea da Barberino). c. ant. Colpire, battere un luogo così da produrvi lesioni, incrinature: le palle intronavano le mura (Botta). ◆ Part. pass. intronato, anche come agg.: avere il capo, gli orecchi intronati; mi sento tutto intronato; pare intronato, è un i., di persona che mostra di non capire nulla, stupida, balorda. Accademia degli Intronati, fondata a Siena probabilmente verso il 1525-27, con interessi letterarî, e tuttora esistente, così denominata scherzosamente e con apparente modestia dai suoi stessi membri.