intrusione
intruṡióne s. f. [der. di intrudere]. – 1. L’intrudere o l’intrudersi; introduzione, inserzione forzata, indebita, irregolare o furtiva, di persone che senza diritto, senza merito o comunque non invitate o non gradite entrino a far parte di un ambiente, di un gruppo di persone, s’inseriscano in un’attività, e sim.: non vedo di buon occhio l’i. di quel fannullone in casa nostra; mi salutò frettolosamente, verificò che il numero della cuccetta libera corrispondesse a quello del suo biglietto e dopo avere constatato che non c’erano errori mi chiese scusa dell’i. (Antonio Tabucchi); i disordini sono stati provocati dall’i. di elementi estranei nelle file dei dimostranti; l’i. di alcuni nomi nella lista dei candidati ha suscitato vivaci proteste; i. di persona immeritevole in una carica, in un pubblico ufficio. In diritto canonico, per i. in un beneficio, s’intendeva in passato la provvisione del beneficio fatta non dall’autorità ecclesiastica competente, ma dal soggetto stesso o dai suoi parenti o dal potere laico (aveva per effetto la nullità o invalidità o anche semplicemente la illiceità della provvisione). 2. a. Con riferimento a cose materiali, penetrazione, infiltrazione di un corpo in una massa, e il corpo stesso che vi è penetrato. In partic., con senso concr., il termine è usato in petrografia per indicare masse magmatiche che si infiltrano nelle rocce sovrastanti, o anche, meno propriam., rocce sedimentarie plastiche, deformate nella loro giacitura originaria in seguito a corrugamenti o ad altre cause tettoniche, che emergono tra formazioni più rigide di età più recente. b. Di cose astratte, interpolazione arbitraria, inserimento indebito: l’i. di queste parole nel contratto risulta a tutto mio danno; l’estetica è stata sempre guardinga e ostile verso la logica, ossia verso l’i. del pensare realistico nelle cose dell’arte (B. Croce).