invocare
v. tr. [dal lat. invŏcare, comp. di in-1 e vocare «chiamare»] (io invòco, tu invòchi, ecc.). – 1. Chiamare con tono di preghiera, o con fervore d’affetto, di venerazione, di fede e sim., soprattutto per avere assistenza, aiuto, conforto: i. Dio o il nome di Dio; i. la Madonna, i Santi; Invoco lei [la Vergine] che ben sempre rispose, Chi la chiamò con fede (Petrarca); i. la mamma lontana; il poeta invoca la Musa perché lo ispiri. 2. Con compl. di cosa, implorare, chiedere ad alta voce, o con calore, supplichevolmente, con gran desiderio: i. aiuto (specificando: invoco il tuo aiuto o invoco aiuto da te); i. soccorso; i. la grazia, la clemenza dei giudici; anche per altra persona: i. la grazia per il figlio; i. la benedizione sul capo di qualcuno. Più genericam., chiedere con insistenza o con carattere di urgenza: i. riforme; i. un provvedimento delle autorità. Anche, esprimere il desiderio che qualche cosa avvenga, e quindi bramare, desiderare ardentemente: i. la cooperazione dei popoli, la cessazione delle ostilità, una tregua fra i partiti; i. vendetta; è da tanto che invoco un po’ di pace; i. la morte, desiderar di morire. Fig.: la terra inaridita dalla siccità invocava un po’ di pioggia. 3. estens. Appellarsi a qualche cosa, citare in proprio favore: i. una testimonianza; i. la legge in difesa dei proprî diritti; i. l’autorità di un autore a sostegno della propria tesi.