ira
s. f. [lat. īra]. – 1. Sentimento per lo più improvviso e violento, che, provocato dal comportamento di persone o da fatti, circostanze, avvenimenti, tende a sfogarsi con parole concitate, talvolta con offese, con atti di rabbia e di risentimento, con una punizione eccessiva o con la vendetta, contro chi, volontariamente o involontariamente, lo ha provocato: Parole di dolore, accenti d’ira (Dante); Ira è breve furore, e chi nol frena, È furor lungo che ’l suo possessore Spesso a vergogna, e talor mena a morte (Petrarca); l’ira ... niuna altra cosa è che un movimento subito e inconsiderato, da sentita tristizia sospinto, il quale, ogni ragion cacciata e gli occhi della mente avendo di tenebre offuscati, in ferventissimo furore accende l’anima nostra (Boccaccio); tra l’i. funesta del Pelide Achille e l’i. di Dio dopo il peccato di Adamo, sembra che l’Occidente, che ha nella cultura greca e in quella giudaico-cristiana le sue matrici, rinvenga nell’i. ... uno dei suoi segni distintivi (Umberto Galimberti); i. feroce, cupa, bestiale, tremenda; provocare, suscitare, muovere l’i. o le ire di qualcuno; sfogare la propria i. su qualcuno; trattenere, frenare, domare, placare, calmare, posare o deporre l’i.; attirare su di sé le i. di un avversario; accendersi, ardere, avvampare, esser furente d’i.; fremere d’i. compressa; essere in preda all’i.; essere accecato dall’i.; avere uno scatto d’i.; lasciarsi trasportare dall’i.; avere la mente turbata, sconvolta dall’i.; parlare, agire nel furore, nell’impeto dell’i.; scagliarsi contro qualcuno in un accesso d’ira. Nella dottrina cristiana, intesa come disposizione colpevole oltre che come manifestazione (sinon. perciò di iracondia), è considerata uno dei sette peccati capitali. 2. Con sign. più particolari: a. Odio, malevolenza, soprattutto nelle frasi avere, prendere in i. qualcuno o, meno com., portargli i.: tutti l’hanno in i. per la sua prepotenza; m’ha preso in i. perché ostacolo tutti i suoi progetti; la locuz. avere in i. può esprimere però anche il giusto risentimento che esige la punizione dell’offensore: Perché non dentro da la città roggia Sono ei puniti, se Dio li ha in ira? (Dante). Essere in i. a qualcuno, essere odiato, malvisto da lui, o averlo nemico, avverso, spec. in qualche frase fig.: essere in i. alla sorte, ai numi, agli dèi, di persona disgraziata, perseguitata dalla sfortuna o dall’infelicità (essere in i. agli dèi, anche di persona malvagia); poeta in i. alle Muse, che dalle Muse non è ispirato, e quindi cattivo poeta. b. Odio come causa di discordia, nelle espressioni (letter.), usate sempre al plur., ire cittadine, ire di parte. c. Sdegno, nobile furore: nutrìa contro a’ Persi in Maratona ... La virtù greca e l’i. (Foscolo). Con sign. simile anche nelle espressioni di origine biblica: il dì o il giorno dell’i. (lat. dies irae), il giorno del giudizio universale; l’i. di Dio, la sua giustizia punitrice, il castigo divino. In senso fig., fam., essere un’i. di Dio (o anche un’iradiddìo), di persona o cosa gravemente nociva o molesta, che rappresenti un flagello, un malanno, e sim.; fare un’i. di Dio, fare gran baccano, gridare, inveire, fare il finimondo, o fare gran danno; dire l’i. di Dio di qualcuno, dirne tutto il male possibile. Anche, grande quantità: a casa di Mario c’era l’i. di Dio di gente. d. fig. La furia degli elementi: l’i. del mare, dei venti, della tempesta. e. Con valore concr., personificato: sembravano delle i. scatenate (più com. furie), di persone invasate da furore; a questa ruina ch’è guardata Da quell’i. bestial ch’i’ ora spensi (Dante), con allusione al Minotauro.