ira s. f. [lat. īra]. - 1. [sentimento, per lo più improvviso e violento, che può tradursi in parole concitate, atti rabbiosi e incontrollati: essere in preda all'i.] ≈ bile, collera, rabbia, stizza. ↑ furia, furore. ↓ irritazione. ↔ calma, mitezza, placidità, tranquillità. 2. a. (non com.) [sentimento di forte avversione per cui si desidera il male altrui] ≈ malevolenza, odio. ↑ ostilità. ↔ amore. ↓ affetto. ● Espressioni: lett., avere (o prendere) in ira ≈ aborrire, detestare, odiare. ↔ adorare, amare. b. [nobile furore: l'ira di Dio] ≈ indignazione, sdegno. ● Espressioni: fig., fam., un'ira di Dio (o un'iradiddio) 1. [persona o cosa oltremodo molesta: sei proprio un'i.] ≈ disperazione, flagello, tormento. 2. [gran baccano: fare un'i. di Dio] ≈ baraonda, confusione, finimondo, pandemonio. 3. [gran quantità: un'i. di Dio di dolci] ≈ (fam.) barca, (fam.) montagna, (fam.) subisso. c. (fig.) [l'infuriarsi degli elementi: l'i. del mare] ≈ furia, violenza.
ira. Finestra di approfondimento
Modi e gradi dell'ira - Molti termini esprimono l’idea di un sentimento ostile, secondo diversi modi e gradi. Rabbia è il termine più fam. e com., in quasi tutti gli usi e registri: don Rodrigo era fin allora rimasto tra la rabbia e la meraviglia, attonito, non trovando parole (A. Manzoni). Proprio perché ancora avvertito come fam., nello stile più sorvegliato rabbia è sostituito dai più formali bile,collera,i. e stizza: il sor Mattia so‡ocava dalla bile (G. Verga); se fino a quel giorno io aveva esperimentato la sua dolcezza, ora doveva esperimentare la sua collera (I. U. Tarchetti); le mani gli tremavano dall’ira (E. De Amicis); m’assalì una fierissima stizza e mi sorse la tentazione di tirarmi uno sputo in faccia (L. Pirandello). Collera è per lo più usato nella locuz. in collera: siete in collera con me? (G. Verga). Una rabbia che si manifesti con particolare violenza è detta furia o furore: questa volta attaccava con tale furia che l’altro si trovò respinto di qualche passo prima di rimettersi (A. Oriani); mi sentii assalito da una vertigine di furore (G. Verga).
Ira contro gli altri - Se la rabbia è concepita come un acuto sentimento negativo contro gli altri è detta odio o, meno com. e meno intens., avversione o ostilità: non guardarmi con odio; mi dispiace davvero di vedere in voi due una specie di avversione, di antipatia, di contrarietà (C. Goldoni); la sorda ostilità tra fratello e sorelle si inasprì al ritorno dal belvedere (F. De Roberto). Un grado meno intenso dell’odio è espresso dal risentimento e dall’astio. Il primo termine indica un sentimento negativo suscitato da un torto subito, il secondo una sorta di spiccata antipatia: temeva essersi lasciato trarre a imprudenti parole dal risentimento delle gravi o‡ese recategli da sua nipote (A. Fogazzaro); non ho alcun astio contro di lui (C. Goldoni). Sinon. più formali e intens. di risentimento sono indignazione e sdegno: io mi sento il cuore così arso di sdegno che non m’è stato possibile pregare (L. Pirandello). Un attacco d’ira momentaneo contro qualcuno può essere detto fam. arrabbiatura o, volg., incazzatura (con il fam. eufem. incavolatura): perché non dici chiaramente qual è la ragione della mia arrabbiatura? (F. Tozzi). A differenza dell’ira e dei suoi primi sinon., l’odio, l’astio, il risentimento ecc. sono sempre rivolti (anche se non necessariamente in modo esplicito) contro qualcuno: provava un inspiegabile senso di rabbia; era pieno di risentimento contro i suoi compagni.
Cedere all'ira - Numerosi sono anche i verbi legati al concetto di «ira», dal com. arrabbiarsi, ai ricercati adirarsi,andare in collera,esacerbarsi,incollerirsi,stizzirsi, ai fam. andare in bestia,andare su tutte le furie,incavolarsi, al volg. incazzarsi: basta un nonnulla per farlo andare in bestia. Sempre fam. è l’espressione avere un diavolo per capello: aveva un diavolo per capello perché aveva litigato con la moglie. Di grado intens. sono infuriarsi,inviperirsi,esasperarsi: non infuriarti, non ne vale la pena.
Persone che cedono all'ira - Anche gli agg. che indicano chi cede all’ira vanno da una massima (esacerbato, esasperato, fuori di sé, furente, furioso, furibondo, infuriato, inviperito, rabbioso) a una minima intensità (alterato, indignato, indispettito, inquieto, irritato), passando per una gradazione intermedia (arrabbiato, il fam. incavolato, il volg. incazzato e i più formali irato e stizzito): s’alzò furente con le braccia per aria (L. Pirandello); sono indignato per il suo comportamento; non sapevo che dire e rimanevo lì impacciato e stizzito (L. Pirandello). Nel registro fam. è possibile anche l’agg. nero: non mi parlate perché oggi sono proprio nero. Per alcuni contr. di arrabbiato si rimanda alla scheda CALMO.
Ira non umana - I. è spesso riferito a Dio o agli dei, per intendere un risentimento divino contro l’uomo, un superiore senso della punizione, della vendetta o della giustizia: non vorrei colla mia condotta meritarmi l’ira del cielo (C. Goldoni). Esiste anche l’espressione fam. i. di Dio (anche nella forma unita iradiddio), per intendere sia una persona molesta, sia una gran confusione, sia una notevole quantità di qualcosa: si udì un’ira di dio di fischi e di strida (E. Montale). Nell’uso lett. si parla di i. anche a proposito di manifestazioni accentuate di fenomeni naturali: i. del mare; i dei venti. Sinon. appropriati sono in questo caso furia e violenza.
Ira e furia - Si è già visto come furia possa essere un sinon., per lo più intens., di ira. Tuttavia furia ha un uso molto più esteso e, nella maggior parte dei casi, il suo sign. si è estremamente attenuato, fin quasi a modificarsi del tutto, per es. nell’espressione a furia di «a forza di»: a furia di metter carne a fuoco, non s’avrà il pane a buon mercato (A. Manzoni). Un altro sign. molto com. di furia è quello di intens. di fretta, anche nella locuz. di furia (com. soprattutto in Toscana) e nell’espressione in fretta e furia: uscì di furia, col manto rosso che gli gonfiava dietro (G. Verga); in fretta e in furia si porta l’avviso al padrone (A. Manzoni).