kebabbaro
s. m. Venditore di kebab. ◆ [nel quartiere Braida di Sassuolo] c’è una Rosticceria Idriss, la macelleria del Frignano (le colline di fronte) che ha mutato il nome con il nuovo proprietario, marocchino anche lui. Poi c’è il bazar, un altro call center, il «kebabbaro». (Checchino Antonini, Liberazione, 2 marzo 2006, p. 8, Politica) • anche i consumatori di kebab mangiano carne macellata secondo un rito islamico. Però, per lavoro e senza infrangere le norme religiose, anche un buon musulmano può servire carne non halal. «Ho lavorato per molto tempo in un ristorante italiano – rivela Hassan, il kebabbaro – e sono abituato a cucinare tutti i tipi di carne. Ad eccezione del maiale, però». (Monica Coviello, Stampa, 24 aprile 2007, Cuneo, p. 78) • Nel gioco della globalizzazione ci sono alcuni grandi vincitori e molti piccoli perdenti. Prosperano le élite transnazionali, i cui membri si trovano a loro agio tanto a Roma quanto a Parigi o Londra e che in ognuno di questi posti potrebbero consigliarvi un buon ristorante. Declina la classe media e sprofonda la working class che, spaventata di tutto, vede anche nel kebabbaro all’angolo una minaccia alla propria identità. (Riccardo Staglianò, Repubblica, 3 giugno 2008, p. 44, Cultura).
Derivato dal s. m. inv. kebab (dall’arabo kabāb, ‘carne arrostita’) con l’aggiunta del suffisso -aro.