l, L
(èlle) s. f. o m. – Undicesima lettera dell’alfabeto latino, la cui forma maiuscola (L) deriva, come per il lambda greco (Λ), da una modificazione di quella che aveva nell’alfabeto fenicio, mentre la minuscola è derivata dalla maiuscola per allungamento del tratto verticale e successive modificazioni. Foneticamente, il suono rappresentato dalla lettera l, in italiano come in altre lingue, è in genere quello della consonante laterale sonora che, quanto al luogo dell’articolazione, può essere alveolare o dentale; alcune lingue possiedono, in date posizioni, anche altre varietà: una l sonante, che costituisce cioè sillaba per conto proprio; una l sorda, cioè senza vibrazione delle corde vocali (per es. la l francese di oncle ‹õkl›); una l velare, di timbro oscuro, tendente verso u semiconsonante (per es. la l inglese di well ‹u̯èl›), o divenuta nell’uso una vera e propria u semiconsonante (come la l polacca, per es. in Wojtyla ‹voitï′ua›); d’altra parte, il russo non conosce una l alveolare simile a quella italiana, ma solo una l palatalizzata e una l velare (quelle, per es., che si hanno rispettivamente in Lenin ‹li̯én’in› e in Molotov ‹mòlëtëf›). Un fonema a parte è costituito in italiano, come in altre lingue, dalla palatale laterale, rappresentata nella scrittura da speciali combinazioni: gl(i) in italiano, ll in spagnolo, lh in portoghese e provenzale, lj nel serbocroato. Prescindendo da questo caso, in italiano la l è, come s’è detto, un fonema laterale alveolare (cioè una consonante nella cui pronuncia la corrente d’aria espirata dai polmoni passa ai lati della lingua, e questa è appoggiata con la punta all’arcata degli alveoli degli incisivi superiori) e sonoro (cioè pronunciato con le corde vocali in vibrazione). Nel sistema fonologico italiano, la l tra vocali può essere di grado tenue (es. pala) o di grado rafforzato (es. palla); in ogni altra posizione (es. parla) è sempre di grado medio. Dei gruppi consonantici di cui può far parte, cl, gl, tl, dl, pl, bl, fl, vl fanno sillaba per intero con la vocale che segue (es. a-tleta), salvo che si voglia mettere eccezionalmente in rilievo una diversa divisione etimologica della parola (es. sub-locazione); sl, scl, sgl, ecc. nella scrittura fanno sillaba per intero con la vocale che segue, ma nella pronuncia la s fa sillaba con la vocale precedente, staccandosi dal resto del gruppo (es. risplendere, dislocare), salvo che sia iniziale assoluta di frase fonetica (es. splendere); di lcl, ncl, rcl, ecc., la prima consonante fa sillaba con la vocale che precede, il resto con quella che segue (es. in-clito) negli altri gruppi possibili la l e l’altra consonante appartengono a due sillabe distinte (es. al-ma, or-lo). Il digramma gl davanti alla vocale i, e il trigramma gli davanti alle vocali a, e, o, u, rappresentano in italiano, di regola, il fonema ‹l’›, cioè la consonante laterale palatale, che si distingue dalla l alveolare per il punto d’articolazione, essendo pronunciata col dorso della lingua aderente al palato: la stessa differenza che corre tra gn e n. Nella pronuncia normale non ammette variazioni di durata, esistendo solo nel grado rafforzato (tra vocali, es. figlio, io gli dissi) e nel grado medio (dopo consonante, es. fargli, non gli fare, e in principio di frase fonetica); nella scrittura dei primi secoli, la grafia lgl, che s’alternava con gl (per es. figlio, figlo, filglio, filglo), dava risalto alla durata della pronuncia. Storicamente l’ital. l’ è la continua-zione regolare del lat. volg. li̯ (lat. class. li o le atono davanti a vocale): es. foglio, lat. folium; maglio, lat. malleus; dal Rinascimento in poi, alle voci in cui l’l’ derivava da li̯ si sono aggiunte altre in cui l’l’ sostituiva un precedente d’d’ derivato da un lat. volg. gl (per es. teglia da un prec. tegghia ‹téd’d’a›, evoluzione del lat. tegŭla, lat. volg. tegla). Davanti ad a, e, o, u, il nesso grafico gl rappresenta costantemente g duro + l: es. gleba ‹ġlèba›; grafie come figlo per figlio sono scomparse ai primordî della stampa, grafie come gl’altri per gli altri tra il sec. 18° e il 19°. Ma anche davanti a i il nesso gl può avere pronuncia divisa, e l’ha di fatto nelle parole dotte, siano esse latinismi (es. negligènza ‹neġliǧènza›, dal lat. negligentia), siano grecismi (es. ganglio ‹ġànġlio›, dal gr. γάγγλιον), siano d’altra origine; in qualche caso l’i è tonico e seguito da altra vocale, e la possibilità d’equivoci è accresciuta (es. nevroglia ‹nevroġlìa›). La di-stinzione tra i suoni l’ e ġl è nettissima, non esistendo parole che ammettano doppia pronuncia; ma l’ortografia italiana non dà modo di riconoscere quale suono sia rappresentato nelle singole parole dal nesso gli. Questo Vocabolario indica sempre, con il punto sopra la g, l’eventuale pronuncia divisa ‹ġl›, sottintendendo negli altri casi il suono della laterale palatale ‹l’›. In generale, prescindendo dall’etimologia, e trascurando le voci più rare, si può dire che in italiano il nesso grafico gli suona ‹ġli›: 1) in principio di parola (es. glicine) o d’un elemento di parola composta (es. triglifo); non però in gli, gliela, gliele, glieli, glielo, gliene, gliommero; 2) quando è preceduto da n (es. anglicano); 3) in negligere e derivati. Usi più comuni della lettera l come abbreviazione o simbolo: nella forma maiuscola puntata, è abbrev. di nomi di persona comincianti con questa consonante (Lorenzo, Laura, ecc.); davanti a numeri indicanti somme di denaro, è abbrev. di lire, moneta italiana in uso fino al 2002 (la lira italiana è stata anche indicata più specificamente con Lit. e in modo più generico con una l maiuscola in corsivo tagliata, £, simbolo che caratterizza tutte le numerose unità monetarie mondiali che rispondono al nome di lira); nella nomenclatura biologica, posta dopo il nome latino scientifico di un animale o di una pianta, è abbrev. del lat. Linnaeo «appartenente a Linneo», per significare che il nome è stato dato dal naturalista Linneo (1707-1778); senza il punto, L è sigla automobilistica del Lussemburgo; nell’abbigliamento, L è grafia abbrev. dell’ingl. large; nella forma minuscola, l. è abbrev., in opere filologiche e bibliografiche, di libro e del lat. linea «riga»; in citazioni giuridiche, è abbrev. del lat. lex «legge», mentre per l’ital. legge è adoperata ora la minuscola ora la maiuscola (l. o L.). In chi-mica, l è abbrev. di levogiro (ma v. anche d, D) e L è il simbolo dell’elemento chimico laurenzio; in fisica, tra altri usi, L è simbolo del lavoro e dell’induttanza; in metrologia, la minuscola l è simbolo del litro (quindi l 200 = litri 200, e dl = decilitro, hl = ettolitro, ecc.), mentre la maiuscola L è simbolo del lambert; nel sistema di numerazione romana, L è il segno corrispondente a 50, e quindi, nella serie ordinale, a 50°, cinquantesimo. In varie tecniche, la locuz. a L qualifica dispositivi, circuiti e sim. la cui forma, reale o schematica, ricorda una L maiuscola: antenna a L in radiotecnica, filtro a L in elettrotecnica, ferri a L, edificio a L, ecc. Nel codice alfabetico internazionale, la lettera l viene convenzionalmente identificata dal nome Lima.