labile
làbile agg. [dal lat. tardo labĭlis, der. di labi «scivolare, cadere, scorrere»]. – 1. a. letter. Che scorre giù, che scivola: al sussurro canoro Del l. rivo (Pascoli). b. In chimica, lo stesso che instabile, riferito a composto chimico, o a sistema, che tende a trasformarsi in altro più stabile. c. In meccanica e nella scienza delle costruzioni, di sistema costituito da elementi rigidi, collegati tra loro e a corpi esterni mediante un numero di vincoli inferiore ai gradi di libertà del sistema, e perciò suscettibile di assumere più configurazioni (per es., tra i sistemi piani, il parallelogramma articolato). Meno propriam., il termine è usato anche per indicare un sistema in stato di equilibrio instabile. d. Che tende a disperdersi: un gas l.; aggressivi chimici l., quelli che, a causa della loro tensione di vapore, si diffondono facilmente nell’atmosfera con conseguente perdita della concentrazione necessaria alla loro efficacia. 2. fig. a. ant. Facile a cedere (in senso morale): essere l. al vizio, al peccato, alla colpa; sono naturalmente le femine tutte l. (Boccaccio). b. Che va via facilmente, che sfugge presto: avere una memoria l., debole; ricordi, sentimenti, impressioni l.; cominciaron canti Da mia memoria labili e caduci (Dante). c. Più com., passeggero, fugace: i beni mondani sono l.; Questa vita è troppo labile, Troppo breve (Redi). d. Nel linguaggio (non strettamente tecnico) della psicologia e psichiatria, di soggetto a carattere instabile e le cui emozioni si esprimono in modo incontrollato. ◆ Avv. labilménte, non com., in modo labile, fugace, o instabile.