lapidario
lapidàrio agg. e s. m. [dal lat. lapidarius, agg. e s. m., der. di lapis -ĭdis «pietra»; nel sign. 4, dal lat. tardo lapidarium]. – 1. agg. a. Che si riferisce alle iscrizioni su lapide: arte l. (anche s. f., v. lapidaria); museo l.; caratteri l., in tipografia, caratteri lineari ad asta uniforme il cui occhio ricorda i caratteri delle antiche iscrizioni su lapide; scrittura l., in paleografia, genericam., scrittura solenne del tipo di quella adoperata nelle iscrizioni (più specificamente, la capitale epigrafica latina canonizzata secondo rigide regole geometriche in uso nelle iscrizioni romane dall’età di Augusto al tardo Impero). b. fig. Sentenzioso, grave e conciso come si conviene alle iscrizioni: stile, discorso l.; frase, sentenza lapidaria. 2. s. m. a. Nella classificazione professionale, operaio specializzato nell’incidere lapidi; non com., scalpellino, intagliatore. b. ant. Gioielliere, artigiano che attende alla lavorazione delle pietre preziose e delle pietre dure; conoscitore esperto delle gemme e delle loro magiche virtù: incominciarono a ragionare delle virtù di diverse pietre, delle quali Maso così efficacemente parlava come se stato fosse un solenne e gran l. (Boccaccio). 3. s. m. Raccolta di lapidi antiche. 4. s. m. Nome di alcune opere medievali, appartenenti alla letteratura didattico-scientifica, così come i bestiarî o gli erbarî, in cui sono descritte pietre di vario genere (soprattutto le più rare o preziose) e le loro virtù curative e talismaniche. ◆ Avv. lapidariaménte, in modo lapidario, cioè conciso e sentenzioso: esprimersi, sentenziare lapidariamente.