lavoro mirato
loc. s.le m. Lavoro programmato per risolvere un problema specifico. ◆ Forse mancano gli uomini. «Non mettiamo mille agenti sul confine, usiamone dieci, ma per fare un lavoro mirato. È una proposta banale, lo so: utilizziamo bene la gente che abbiamo» [Federico Frezza intervistato da Marco Imarisio]. (Corriere della sera, 6 dicembre 2000, p. 2, In primo piano) • Che cosa cambia per i lettori o gli spettatori se l’immagine arriva da una grande agenzia internazionale o da un fotografo del loro paese? «Tutto. Pensiamo al modo di vedere la guerra in Iraq e di raccontarla. Il fotoreporter può fare un lavoro “mirato” solo se ha uno stretto rapporto con quella testata, conosce ciò che il giornale vuole e ha il tempo di entrare nella case, di farsi un’idea vera su ciò che sta accadendo» [Uliano Lucas intervistato da Vera Schiavazzi]. (Repubblica, 30 agosto 2005, Torino, p. XVI) • «In due o tre anni [Kasia Skowronska] diventerà la più forte opposta a livello internazionale, adesso è solo al 30% delle sue potenzialità e mi piacerebbe aiutare a farla crescere con un lavoro mirato» ha detto [Luciano] Pedullà. (Marco Piatti, Stampa, 13 maggio 2008, Novara, p. 73).
Composto dal s. m. lavoro e dal p. pass. e agg. mirato, ricalcando l’espressione ingl. selective work.
Già attestato nella Repubblica del 5 ottobre 1986, p. 31, Sport (Licia Granello).