lettismo
s. m. Le strategie e la linea di comportamento politico proprie di Gianni Letta. ◆ persino [Umberto] Bossi si è convertito al lettismo, ordinando ai suoi di accettare un compromesso sulla devolution. Raccontano che la sua forza risieda nel fatto di non dire mai «o me o lui», e che «se [Silvio] Berlusconi avesse seguito i suoi consigli, Giulio Tremonti sarebbe ancora ministro dell’Economia». Se chiedete ai maggiorenti del centrodestra chi è Gianni Letta, rispondono che «è l’unico ad essere rimasto sempre vicino al sole senza rimanerne bruciato». Se lo chiedete ai dirigenti del centrosinistra, sussurrano che «è l’uomo che manca a Romano Prodi». (Francesco Verderami, Corriere della sera, 2 ottobre 2004, p. 1, Prima pagina) • Renato Brunetta, consigliere economico del Presidente del Consiglio ed esponente dell’ala più battagliera di Forza Italia, invoca il ritorno del «Berlusconi furioso che rompe gli schemi e urla accanto al suo popolo». E soprattutto esorta il suo leader a non lasciarsi imbrigliare dal «lettismo imperante e deleterio». «lettismo» nel senso di Gianni Letta? «Letta è una persona meravigliosa, ma in quest’ultima fase è diventato l’interprete di una nuova schiavitù verso la cultura egemonica catto-comunista». (Andrea di Robilant, Stampa, 28 settembre 2005, p. 5, Interno) • Su Letta, «il dottor Letta» e il «lettismo» esiste del resto una vasta pubblicistica, con i dovuti spunti interpretativi. Chi lo vede come la quintessenza della democristianità conciliabile con il partito-azienda; chi come la classica foglia di fico depositata sugli affari del presidente. In entrambi i casi il personaggio continua a vivere nell’immaginario politico italiano in stretta connessione con il Cavaliere. (Filippo Ceccarelli, Repubblica, 29 gennaio 2006, p. 6, Politica).
Derivato dal nome proprio (Gianni) Letta con l’aggiunta del suffisso -ismo.
Già attestato nella Stampa del 29 settembre 1995, p. 4, Interno (Augusto Minzolini).
V. anche giannilettismo.