lice
v. intr. [dal lat. licet, 3a pers. sing. dell’indic. pres. di licēre «esser lecito.»], difett., poet. – È lecito, è permesso, in quanto concesso dalle leggi morali o (impropriamente) dal destino: Né più si brama, né bramar più lice (Petrarca); se non lice a noi vivere uniti Felicemente infino all’ore estreme (Metastasio); umana Prole cara agli eterni! assai felice Se respirar ti lice D’alcun dolor (Leopardi). Altre forme, rare, del verbo (che non si trova usato all’infinito), sono l’imperf. indic. liceva e cong. licesse. V. anche lece.