licenza
licènza (ant. o pop. licènzia) s. f. [dal lat. licentia, der. di licere «esser lecito»]. – 1. a. Permesso, facoltà (concessa in genere da persona di rispetto, o da un superiore di grado o autorità) di fare qualche cosa; con questo sign. generico, si usa (o piuttosto si usava) spec. in frasi di cerimonia o del linguaggio sostenuto: chiedere, ottenere, dare, accordare l. di assentarsi, di esprimere il proprio parere, ecc.; con l., con vostra l., con vostra buona l., modo cortese di chiedere permesso (talora iron.): io, con vostra buona l., agirei senza indugio; senza chiedere, senza aspettar l., a proposito di cose fatte a proprio arbitrio; con l. dei superiori, formula che nei secoli scorsi era spesso stampata sulla prima o sull’ultima pagina d’un libro (in quanto la pubblicazione delle opere dell’ingegno era sottoposta in genere all’approvazione della gerarchia ecclesiastica). b. Usato assol., s’intende per lo più il permesso di andarsene da un luogo, o di allontanarsi temporaneamente da un ufficio, da un servizio e sim.: disse che si sentiva poco bene e, chiesta l., si ritirò; la direzione mi ha concesso una breve l. per ragioni di famiglia; dar l., accomiatare, lasciare qualcuno libero d’andarsene; prendere l. da qualcuno, accomiatarsi. Per analogia, la parte finale della canzone antica o petrarchesca, più comunem. detta commiato o congedo. c. In partic., l’autorizzazione concessa al militare di allontanarsi dal corpo, dalla nave, dallo stabilimento a cui è assegnato, per un determinato periodo di tempo (superiore alle 24 ore), e anche il periodo di tempo trascorso lontano dal corpo, ecc.: andare in l.; tornare, rientrare dalla l.; l. breve, concessa al militare per particolari esigenze private; l. ordinaria, per consentire annualmente il godimento di un periodo di riposo; l. straordinaria, per eccezionali motivi di ordine privato; l. di convalescenza, spettante al militare dimesso dall’ospedale in cui sia stato ricoverato per malattia o ferita; l. speciale, per trasferimento, premio (detta, questa, l. premio), ecc. Foglio di l., il documento comprovante la regolare posizione del militare, che va esibito alle autorità militari o di pubblica sicurezza. 2. non com. Intimazione con cui si notifica a un inquilino (in passato, a un colono, a un mezzadro), a un affittuario coltivatore diretto che, trascorso un certo tempo, dovrà lasciare l’appartamento, il podere: l. per finita locazione; il padrone di casa mi ha dato la l. per la fine di giugno (ma con questo sign. è più com. dare la disdetta; per il provvedimento di convalida di licenza, v. sfratto). 3. Atto con cui la competente autorità concede, a chi ne faccia richiesta, una particolare autorizzazione: l. d’esercizio; l. d’importazione, d’esportazione; l. di costruzione; l. di porto d’armi; l. di caccia, di pesca, ecc.; avere, ottenere, concedere, negare, togliere, ritirare la licenza. Anche il documento che fa fede del permesso ottenuto: mostrare, smarrire la l.; essere munito di regolare licenza. 4. Concessione a terzi, da parte del titolare di un brevetto, dell’utilizzazione del brevetto stesso. 5. a. Nelle scuole pubbliche, il compimento di un dato corso di studî concluso con esito positivo, comprovato per lo più da un pubblico esame: esame di l. media, la prova di esame che si sostiene al termine del corso triennale di scuola media: dare, sostenere, superare l’esame di l.; diploma, attestato di l., o, assol., la l., il diploma rilasciato dall’autorità scolastica. b. Grado accademico, maggiore del baccellierato e inferiore al dottorato, che era concesso nelle antiche università (di diritto, medicina, matematica, teologia, ecc.) a chi aveva sostenuto un certo numero di esami, e che dava diritto all’esercizio della professione (l’uso, e il nome, fr. licence, si conservano tuttora in Francia). 6. a. Libertà, arbitrio: prendersi la l. di dire, di fare una cosa; ma anche, spec. al plur., atto o comportamento che costituisce un abuso della libertà: si prende troppe licenze. Quindi, comunem., dissolutezza di costumi, sfrenatezza priva di controllo: bisogna impedire che la libertà degeneri in l.; gli orribili peccati che si commettono per la sfrenata l. de’ principi e de’ signori mondani (M. Villani); dal dì ch’empia l. e Marte Vestivan me del lor sanguineo manto (Foscolo), con allusione a rivoluzioni e guerre. b. L. poetica: facoltà che in taluni casi è concessa al poeta (o che il poeta si prende) di deviare, per esigenze metriche o per ragioni artistiche, dalle norme consuete della lingua, del metro, della prosodia (talora si distingue: l. grammaticale, metrica, prosodica). Spesso scherz., di veri e proprî errori, e per estens. di qualsiasi atto che sia irregolare o si discosti dalle buone consuetudini: è una l. poetica. Analogam., si parla di l. artistica a proposito di libertà che pittori, scultori, ecc. si prendono o pretendono di potersi prendere nell’esecuzione delle loro opere.